numero uno: cos'è l'accidia
disiniteresse per il presente e mancanza di prospettive per il futuro
Il termine
Il termine, nel greco classico, designa la negligenza, l'indifferenza, la mancanza di cure e di interesse per una cosa. Designa inoltre l'abbattimento, lo scoraggiamento, la prostrazione, la stanchezza, la noia e la depressione dell'uomo di fronte alla vita. É lo smarrimento estremo: si produce uno stato d'animo che intacca e rischia di disorientare tutto ciò che raggiunge. Due conseguenze tipiche sono l'instabilità e il disprezzo per gli impegni della propria vita.L'uomo non padroneggia più la vita; le vicende lo avviluppano inestricabili, ed egli non sa più vederci chiaro. Non sa più come cavarsela in determinate vicende della propria esistenza; e il compito a lui affidato gli si erge davanti insuperabile, come la parete di una montagna.
Le manifestazioni e le conseguenze dell'accidia
L'accidia ha un carattere complesso e confuso: è un miscuglio di pensieri provenienti da forze diverse. Chi è colpito dall'accidia avverte un senso di disordine e di illogicità in cui si intrecciano reazioni contrastanti: si detesta tutto ciò che si ha e si desidera ciò che non si ha.Si percepisce che tutta la propria esistenza perde di tensione, è come allentata in un senso di vuoto, nella noia e nella svogliatezza, in una incapacità di concentrarsi su una determinata attività, nella spossatezza e nell'ansia. Viene a mancare un punto di attrazione, un polo che catalizzi tutte le componenti della persona, e questa perdita di scopo sembra trascinare tutto in un vuoto senza fine. A causa dell'angoscia e dell'ansietà, la vita appare senza più punti sicuri, senza certezze, come appoggiata su di una superficie fluttuante.
Altri sintomi dell'accidia sono l'indifferenza è l'instabilità. Questa instabilità si manifesta in diversi modi: dal cambiare casa o lavoro, al fuggire verso situazioni ritenute ideali; dall'instabilità di umore all'instabilità di giudizio; dall'instabilità nei rapporti interpersonali alla sfiducia verso se stessi. Anche la ricerca di sempre nuove emozioni e divertimenti e la paura di lasciare spazi vuoti da impegni sono palliativi di fronte a una situazione esistenziale che si minaccia vuota e priva di senso. Pascal diceva "Ho scoperto che tutta l'infelicità degli uomini deriva da una sola causa, dal non saper starsene in pace, in una camera". Un ultimo sintomo dell'accidia è lo sconforto: l'impossibilità per l'uomo di vedere qualche cosa di buono e di positivo: tutto viene ridotto al negativismo e al pessimismo. L'insoddisfazione diventa la modalità normale di affrontare l'esistenza, e spesso anche ogni possibilità di futuro diventa inimmaginabile.
Le cause dell'accidia
Una realtà complessa come l'accidia trae origine da numerosi fattori. Tuttavia, una delle cause più frequenti è l'amore smodato per se stessi, quella passione per se stessi che porta ad essere prigionieri del proprio io. Questo amore di sè è in fondo il vero idolo che minaccia la nostra vita. Se l'io è il centro assoluto del proprio mondo, allora si valuta ogni cosa in funzione dei propri bisogni, della propria idea, dei propri desideri e giudizi. Ci sono inoltre due cause, apparentemente contradditorie, che favoriscono l'accidia, e sono l'ozio e l'attivismo.
L'ozio è la mancanza di occupazioni, di interessi, ma soprattutto una realtà che rende la vita quotidiana amorfa e trascinata. Davanti ad ogni prerogativa l'ozioso si chiede "a che pro?" e trasforma la propria vita in un deserto.D'altra parte, lavoro e impegni eccessivi, che disperdono e creano molti punti di riferimento non collegati tra di loro, possono provocare uno stato di accidia: ci si è dati un compito al di là delle proprie forze e si crolla.
Le soluzioni per combattere l'accidia
L'equilibrio, la discrezione e la moderazione permettono di dare una misura alla propria vita e a ciò che si fa. Si tratta di quella saggezza che nasce dalla consapevolezza dei propri limiti e delle possibilità che sono in noi, e permette un reale dominio di sè.Molti autori insistono inoltre sulla necessità di non fuggire di fronte a questa situazione esistenziale. La fuga è infatti l'illusione di trovare altrove o diversamente una liberazione da questo pensiero.Altri rimedi per l'accidia sono la pazienza e la stabilità. La stabilità è la capacità di perseverare, di continuare un cammino anche se si è tentati di interrompere la via che si è intrapresa. E un tempo in cui ci è data la possibilità di perseverare è il quotidiano: rimanere nel quotidiano, senza "sognare la vita" fuggendo dalla sua precarietà. Ciò comporta una rinuncia a tutte quelle illusioni che ci appaiono come alternative al presente; comporta accettare se stessi e l'altro; comporta accogliere le fatiche dei propri impegni o il peso della comunità in cui siamo inseriti.
Per combattere l'accidia, insomma, bisogna ritrovare uno scopo e riprendere gusto per una vita vera.
(http://www.analisigrafologica.it/accidia.html)
numero due: sono un'adulta, sono una stronza.
"Noi abbiamo tre personalità naturali: il bambino, l'adulto, il genitore. Il bambino non è autosufficiente e dipende dagli altri. L'adulto è autosufficiente ma si dedica soltanto a se stesso. Il genitore si dedica agli altri e quindi è l'unico capace di amare. Tutti noi dovremmo compiere questa evoluzione naturale. Ma pochi lo fanno. Una gran parte di persone rimangono bambini. E' la nevrosi infantile. Essa dà luogo a disturbi anche gravi come ansia, angoscia, attacchi di panico, paura, depressione, ecc.
Il bambino ha sempre bisogno di qualcuno che gli faccia le coccole. L'adulto si fa le coccole da solo e non ha bisogno di nessuno. Il genitore è l'unico capace di fare le coccole agli altri. Sull'equilibrio e lo sviluppo di queste tre personalità, che coesistono in noi, si giocano tutta la nostra vita, il nostro benessere, il nostro rapporto con gli altri, la nostra felicità. In natura, in noi e negli animali, le tre personalità si sviluppano armonicamente e in tempi precisi. Purtroppo però, nelle società industrializzate ricche e iperprotette l'evoluzione naturale non avviene, e noi rimaniamo bambini. Questa è la base di tutte le nostre nevrosi. Paure, fobie, panico, ansia, depressione sono tutte manifestazioni di una personalità infantile non evoluta, sempre alla ricerca di amore, di sicurezza, di coccole."
(Giulio Cesare Giacobbe, Alla ricerca delle coccole perdute)
" Per diventare stronzi bisogna però prima capire cosa sono veramente gli stronzi. E perché, nonostante tutto, ci attirano tanto.
In cosa consiste il loro fascino discreto. Stronzo vuol dire adulto. E tutti, vogliamo diventare adulti. Ma pochi ci riescono."
(Giulio Cesare Giacobbe, Il fascino discreto degli stronzi)
"noi non siamo cigni. noi siamo squali."
("Tra le nuvole", film di Jason Reitman con George Clooney, basato sul romanzo Up in the air di Walter Kirn)
"io sono quella cazzo di Ibiza"
("About a boy", film di Paul e Chris Weitz, con Hugh Grant, tratto dall'omonimo libro di Nick Hornby)
numero tre: sono una bella persona.
www.polomeccanica.net/doc/Documenti/.../Il%20lavoro%20Ideale.pdf
numero quattro: anche se sono confusa e non so cosa fare, questo non significa che io non sia felice.
La cicala e la formica
Per tutta l’estate la cicala consumava e la formica investiva. “Stai agendo in modo molto irrazionale - ammonì la formica - quando verrà l’inverno te ne pentirai”.
“Sarò assai infelice – replicò la cicala – ma sto agendo in modo razionale. Essere razionale coincide con l’essere felice, e al momento il mio piacere supera il dolore futuro. Unisciti a me e canta al sole!”.
“Secondo me – rispose la formica – essere felici consiste nel massimizzare l’utilità su tutto l’arco dell’esistenza. L’infelicità e la felicità hanno un peso costante. Dunque, per essere razionale, devo darmi da fare e investire per l’inverno”.
Venne l’inverno e la cicala era affamata. Chiese aiuto alla formica.
“Vorrei poterti aiutare – disse la formica – ma, essendo razionale, non posso preferire il tuo benessere al mio: non hai nulla da darmi in cambio. Non ti senti in colpa per aver cantato tutta l’estate?”.
“Molto in colpa – rispose la cicala – proprio come avevo previsto. Ma l’adesso è l’adesso, allora avevo agito in modo razionale. Sei tu che sei irrazionale nel proibirti di darmi un aiuto”.
La formica ci pensò. Ma aveva soltanto cibo sufficiente per finire l’inverno. “L’adesso, per me, è tutta la vita – spiegò – ma ti posso aiutare in un altro modo. Vedi le foglie dell’albero di Epicuro? Sono deliziose e nutrienti. Ma dopo un certo tempo ti ammalerai. Io non posso mangiarle, perché calcolo la felicità su tutto l’arco dell’esistenza. Ma per te l’estasi presente supera l’infelicità futura”.
La cicala mangiò le foglie e finì per ammalarsi.
“Ne vale la pena?” – chiese la formica alla cicala ormai agonizzante.
“Non vale adesso, ma valeva prima” – rispose la cicala.
E la formica: “Devo dirti una cosa, ma non so se per te sia una buona notizia. C’è un antidoto!”.
“Presto! Presto!” – esclamò la cicala.
“Credo che tu non possa usarlo – ribattè la formica – perché prima ti fa stare molto male e solo in seguito ti fa guarire”.
“Brutta notizia – concluse la cicala – dato che io non posso investire per la felicità futura. Addio”.
La cicala morì, e la formica visse una grigia esistenza, evitando occasioni di felicità che avrebbero potuto trasformarsi in infelicità future. Ormai molto vecchia, si disse: “è triste non poter quasi mai fare quello che si vuole, ma condurre un’esistenza felice rende la vita assai dura”.
(tratto da "la Felicità", Paolo Legrenzi)
"Cos'è che in noi mente, uccide, ruba?" Georg Büchner, Woyzeck
lunedì 9 agosto 2010
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