"Cos'è che in noi mente, uccide, ruba?" Georg Büchner, Woyzeck

giovedì 28 gennaio 2010

Gioia, bella scintilla divina.

Gustav Klimt- IL FREGIO DI BEETHOVEN (1902)




Gustav Klimt diede forma al fregio di Beethoven per la XIV. esposizione dell'"Associazione degli Artisti figurativi Austria Secession", che si svolse dal 15 aprile al 27 giugno 1902. In questa esposizione l'idea dell'opera d'arte totale secessionista trovò sotto la guida di Josef Hoffman la sua eccellente realizzazione. Pensate come omaggio a Ludwig van Beethoven, le opere dei 21 soci dell'associazione di artisti si riferivano per contenuti e spazialità alla scultura di Beethoven prodotta da Max Klinger, che era il lavoro centrale dell'esposizione. Il ciclo murale di Klimt oggi si osserva come opera d'arte unica; è considerata una tra le opere più rappresentative dello jugendstil viennese.

Il tema del fregio si rifà all'interpretazione di Richard Wagner della IX sinfonia di Ludwig van Beethoven. Le tre pareti dipinte sono connesse tra di loro, infatti, cominciando da quella di sinistra, vanno a creare un racconto.

PARETE LATERALE SINISTRA.


l'anelito alla felicità:



i dolori della Umanità Sofferente: le sue preghiere all'Uomo forte e bene armato (l'uomo nell'armatura armata con la spada) come motivazioni esteriori, Compassione e Orgoglio (le figure femminili dietro al cavaliere) come motivazioni interiori, le quali, come forze trainanti, incitano il cavaliere a intraprendere la lotta per la felicità.



PARETE FRONTALE.

le Forze Ostili.

il gigante Tifeo contro il quale persino gli dei lottarono invano (il mostro con gli occhi di madreperla, che con la sua ala blu e i suoi prolungamenti da serpente si estende per tutta la parete frontale).

Le sue tre figlie, le tre Gorgoni (le tre donne in piedi a sinistra di Tifeo).

Malattia, Follia e Morte (le tre teste di donna sopra le spalle delle Gorgoni).

Voluttà, Lussuria e Intemperanza (il gruppo di tre donne a destra di Tifeo).

Il tormento angosciante (la donna angosciata). Gli aneliti e i desideri dell'uomo fuggono via.













PARETE LATERALE DESTRA.

L'anelito alla felicità si placa con la Poesia (la figura femminile con la lira).

segue poi una parte vuota nel fregio, nel muro a questa sottostante durante l'esposizione del 1902 si apriva una larga apertura che consentiva lo sguardo sulla statua di Beethoven.

Le arti ci conducono nel regno ideale, l'unico nel quale possiamo trovare gioia, felicità e amore puro (le cinque donne tra le quali le tre più in alto ci indicano - secondo le parole di Schiller - l'ultima scena).

Coro degli angeli del paradiso. "Gioia, bella scintilla divina. Questo bacio a tutto il mondo!"

( scena finale con il Coro e la coppia che si bacia)









mercoledì 27 gennaio 2010

"Io dipingo la luce che emana da tutti i corpi"




Egon Schiele

stanca di usare la tecnologia....


She work it girl, she work the pole
She break it down, she take it low
She fine as hell, she about the dough
She doing her thing out on the floor
Her money money, she makin’ makin’
Look at the way she shakin’
Make you want to touch it, make you want to taste it
Have you lustin’ for her, go crazy face it
She’s so much more than you’re used to
She know’s just how to move to seduce you
She gone do the right thing and touch the right spot
Dance in you’re lap till you’re ready to pop
She always ready, when you want it she want it
Like a nympho, the info
I show you where to meet her
On the late night, till daylight the club jumpin’
If you want a good time, she gone give you what you want
Baby this a new age, You like my new craze
Let’s get together
Maybe we can start a new phase
The smokes got the club all hazy,
Spotlights don’t do you justice baby
Why don’t you come over here, you got me saying
Aayooh I’m tired of using technology, Why don’t you sit down on top of me
Aayooh I’m tired of using technology I need you right in front of me
In her fantasy, there’s plain to see Just how it be, on me, backstrokin’, Sweat soaking All into my set sheets
When she ready to ride, I’m ready to roll
I’ll be in this bitch till the club close
What should I do, one thing on all fours
Now that that shit should be against the law
Different style, different move,
Damn I like the way you move
Girl you got me thinking about, All the things I do to you
Let’s get it poppin’ shorty
We can switch positions
From the couch to the counters in my kitchen
Baby this a new age, You like my new craze Let’s get together
Maybe we can start a new phase
The smokes got the club all hazy,
Spotlights don’t do you justice baby
Why don’t you come over here, you got me saying
Aayooh I’m tired of using technology,
Why don’t you sit down on top of me
Aayooh I’m tired of using technology
I need you right in front of me
She wants it, she wants it
She wants it, I got to give it to her
She wants it, she wants it She wants it, I got to give it to her
Baby this a new age, You like my new craze Let’s get together
Maybe we can start a new phase
The smokes got the club all hazy, Spotlights don’t do you justice baby
Why don’t you come over here, you got me saying
Aayooh I’m tired of using technology I need you right in front of me

http://www.youtube.com/watch?v=DE9IchvpOPk

Schiele


"Su azucarado olor ascendía por las narices de don Rigoberto, empalagándolo, y verificaban la consistencia de muslos, hombros y pechos, pellizcaban esas caderas, repasaban esas nalgas, se hundían en esas profundidades fruncidas, separándolas".


Mario Vargas Llosa, Los cuadernos de Don Rigoberto

martedì 26 gennaio 2010

venerdì 22 gennaio 2010

l'inglese?.....facile????


chi dice che l'inglese è facile...


legga questo ad alta voce.....


ci sono 3 moduli.

1 - Modulo principianti:


Tre Streghe guardano tre orologi ‘Swatch’.Quale strega guarda quale orologio ‘Swatch’?

In inglese:

Three witches watch three ‘Swatch’ watches.Which witch watch which ‘Swatch’ Watch?


2 - Modulo avanzato:


Tre streghe ‘trans’ guardano i cinturini di tre orologi ‘Swatch’.Quale strega trans guarda i cinturini di quale orologio ‘Swatch’?

In inglese:

Three switched witches watch three ‘Swatch’ watch switches.Which switched witch watch which ‘Swatch’ watch switch?


3 - Modulo per masters:


Tre Streghe svedesi transessuali guardano i cinturini di tre orologi ‘Swatch’ svizzeri.Quale strega svedese transessuale guarda quale cinturino di quale orologio ‘Swatch’ svizzero?

In inglese:

Three Swedish switched witches watch three Swiss ‘Swatch’ watch switches.Which Swedish witched witch watch which Swiss ‘Swatch’ watch switch?


mercoledì 20 gennaio 2010

martedì 19 gennaio 2010

in costruzione


...una giornata iniziata male e finita benone

Bobby Watson


SIGNOR SMITH (sempre col giornale) Guarda un po', c’è scritto che Bobby Watson è morto.
SIGNORA SMITH Dio mio, poveretto, quando è morto?
SIGNOR SMITH Perchè ti stupisci? Lo sai benissimo. E' morto due anni fa. Siamo andati ai suoi funerali, ricordi? Un anno e mezzo fa.
SIGNORA SMITH Certo che me ne ricordo. Me ne sono ricordata subito, ma non capisco perchè tu ti sia stupito vedendolo sul giornale.
SIGNOR SMITH Sul giornale non c'è Sono già tre anni che s'è parlato del suo decesso. Me ne sono ricordato per associazione di idee.
SIGNORA SMITH Peccato! Era così ben conservato.
SIGNOR SMITH Era il più bel cadavere di Gran Bretagna. Non dimostrava la sua età. Povero Bobby, erano quattro anni che era morto ed era ancora caldo. Un vero cadavere vivente. E com'era allegro.
SIGNORA SMITH Povera Bobby.
SIGNOR SMITH Vuoi dire Povero Bobby.
SIGNORA SMITH No, penso a sua moglie. Lei sia chiamava come lui, Bobby, Bobby Watson. Siccome avevano lo stesso nome, non si riusciva a distinguerli l'uno dall'altra quando li si vedeva assieme. E'stato solo dopo la morte di lui che si è potuto sapere con precisione chi fosse l'uno e chi fosse l'altra. Tuttavia, ancora oggi, c’è gente che la scambia per il morto e le fa le condoglianze. Tu la conosci?
SIGNOR SMITH Non l'ho vista che una volta, per caso, al funerale di Bobby.
SIGNORA SMITH Io non l'ho mai vista. E' bella?
SIGNOR SMITH Ha tratti regolari eppure non si può dire che sia bella. Troppo alta e troppo massiccia. I suoi tratti non sono regolari eppure la si potrebbe dire bella. E' un po' troppo piccola e magra. E' insegnante di canto.
La pendola suona cinque volte. Lunga pausa.
SIGNORA SMITH E quando pensano di sposarsi quei due?
SIGNOR SMITH La primavera prossima, al più tardi.
SIGNORA SMITH Bisognerà per forza andare al matrimonio.
SIGNOR SMITH E bisognerà … anche fare un regalo. Mi domando quale.
SIGNORA SMITH Perché non gli regaliamo uno dei sette piatti d'argento che ci hanno dato per il nostro matrimonio, e che non ci sono serviti a nulla?... E' triste per lei essere rimasta vedova così giovane.
SIGNOR SMITH Per fortuna non hanno figli.
SIGNORA SMITH Non ci sarebbe mancato che questo! Figli! Povera donna, che cosa ne avrebbe fatto?
SIGNOR SMITH E' ancora giovane. Può benissimo risposarsi. Il lutto le sta così bene!
SIGNORA SMITH Ma chi si prenderà cura dei figli? Lo sai che hanno un bambino e una bambina. Come si chiamano?
SIGNOR SMITH Bobby e Bobby, come i loro genitori. Lo zio di Bobby Watson, il vecchio Bobby Watson, è ricco e vuol molto bene al bambino. Potrebbe incaricarsi lui dell'educazione di Bobby.
SIGNORA SMITH Sarebbe logico. E la zia di Bobby Watson, la vecchia Bobby Watson, potrebbe benissimo incaricarsi per parte sua dell'educazione di Bobby Watson, la figlia di Bobby Watson. Così la mamma di Bobby Watson, Bobby, potrebbe risposarsi. Ha qualcuno in vista?
SIGNOR SMITH Sì, un cugino di Bobby Watson.
SIGNORA SMITH Chi? Bobby Watson?
SIGNOR SMITH Di quale Bobby Watson parli?
SIGNORA SMITH Di Bobby Watson, il figlio del vecchio Bobby Watson, l'altro zio di Bobby Watson, il morto.
SIGNOR SMITH No, non è quello, è un altro. E' il figlio della vecchia Bobby Watson, la zia di Bobby Watson, il morto.
SIGNORA SMITH Vuoi dire Bobby Watson, il commesso viaggiatore?
SIGNOR SMITH Tutti i Bobby Watson sono commessi viaggiatori.
SIGNORA SMITH Che mestieraccio! Eppure si guadagna bene.
SIGNOR SMITH S ? , quando non c’è la concorrenza.
SIGNORA SMITH E quando non c’è la concorrenza?
SIGNOR SMITH Il martedì, il giovedì e il martedì.
SIGNORA SMITH Ah! Tre giorni la settimana? E che fa Bobby Watson durante quel tempo?
SIGNOR SMITH Si riposa, dorme.
SIGNORA SMITH Ma perché non lavora durante quei tre giorni, se non c’è la concorrenza?
SIGNOR SMITH Non posso sapere tutto. Fai delle domande stupide!


Eugene Ionesco 'La cantatrice calva',1950

domenica 17 gennaio 2010

pobre Darwin



ps. la vignetta è deliziosa ma mi dissocio completamente dall'immagine di Garibaldi all'apice della catena evolutiva.

P.K. Dick

Dovunque andrai, ti si richiederà di fare qualcosa di sbagliato. È la condizione fondamentale della vita essere costretti a far violenza alla propria personalità. Prima o poi, tutte le creature viventi devono farlo. È l'ombra estrema, il difetto della creazione; è la maledizione che si nutre della vita. In tutto l'universo.

P.K. Dick, Ma gli androidi sognano pecore elettriche?

dolooore


"La causa dell'infiammazione dei tendini è spesso sconosciuta. È noto che a partire dai 30/35 anni di età i tendini cominciano a perdere tonicità, la vascolarizzazione si riduce e diventano più vulnerabili."


che culo.

sabato 16 gennaio 2010

prigioniera


il dilemma è: confessare o non confessare (mandare tutto a puttane o aspettare che l'altro mandi tutto a puttane?)




La teoria dei giochi ci dice che c'è un solo equilibrio (confessa, confessa)

e che paradossalmente è anche quello che comporta il rischio più alto per entrambi.




e non riesco a non pensare che l'altro non confessi.

notte insonne











I di indecisa incoerente insicura












B di bugiarda

O di offesa

C di consapevole

venerdì 15 gennaio 2010

messaggi subliminali


at, si omnia fato fiunt, omnia causis antecedentibus fiunt;
non igitur fato fiunt, quaecumque fiunt
Cicerone

mercoledì 13 gennaio 2010

il flamenco della doccia



E' bello stare qui a guardarti e quasi decifrarti
in questi tuoi silenzi, in queste tue paure
perché sono pure, perché sono belle
com'è bello, cara, stare insieme a te
E non devi giustificarti, non devi sforzarti
non c'è alcun bisogno che tu sia diversa
non mi passa neanche per la testa
di assillarti con i miei perché

Certo, forse inizialmente, ti sarò sembrato
un poco preoccupato, ma non era niente
e se ora non ti scoccia
credo che una doccia mi rilasserà

Lo vedi sono già più calmo, sono più sereno
non c'è più veleno in queste mie parole
sono queste mani che vanno da sole
forse un'altra doccia mi rilasserà

Comunque riflettendo meglio non si può negare
che la tua è una vera ostinazione, un'incapacità di dare
ti farebbe bene liberarti nell'intimità

Il mare, la luna, la brezza che porta la bruma
il fuoco, Baglioni, mi sembra funzioni ben poco con te
il vino, la cena e in tasca un porta fortuna
ma niente, che roccia!
sei solo una doccia per me

Credimi, non è del mio piacere che mi curo
ti assicuro invece che sarai felice
quando insieme avremo frantumato il muro
te lo dice uno, cara, che lo sa

E poi adesso è pure una questione di principio
perché porco Giuda mi comincio a rompere
di questo attendere per i tuoi scrupoli
non puoi pretendere la santità

Quindi non per obbligarti, né per ricattarti
ma se non vuoi farti monaca di Monza non lasciarmi senza
perché questa ignobile astinenza
credo che mi ucciderà

Insomma dammela, ti prego dammela
non puoi tenertela, non puoi negarmela
non è la favola di Cenerentola
nemmeno al principe gli c'è voluta
questa eternità

Non riesco neanche più a parlare cuccu bare bare
Cuccu bare cuccu bare bare cuccu cuccu cuccu bare bare
Me la devi (cuccu) dare (cuccu) per pietà

Il mare, la luna, la brezza che porta la bruma
il fuoco, Baglioni, mi sembra funzioni ben poco con te
il vino, la cena e in tasca un porta fortuna
ma niente, che doccia!

http://www.youtube.com/watch?v=L-EqSx9XnVU

martedì 12 gennaio 2010

voglio stare sulla lista nera




" Ti voglio raccontare una storia, disse Zedka.

Un potente stregone, con l'intento di distruggere un regno, versò una pozione magica nel pozzo dove bevevano tutti i sudditi. Chiunque avesse toccato quell'acqua, sarebbe diventato matto.Il mattino seguente, l'intera popolazione andò al pozzo per bere. Tutti impazzirono, tranne il re, che possedeva un pozzo privato per sè e per la famiglia, al quale lo stregone non era riuscito ad arrivare.

Preoccupato, il sovrano tentò di esercitare la propria autorità sulla popolazione, promulgando una serie di leggi per la sicurezza e la salute pubblica. I poliziotti e gli ispettori, che avevano bevuto l'acqua avvelenata, trovarono assurde le decisioni reali e decisero di non rispettarle.

Quando gli abitanti del regno appresero il testo dei decreti, si convinsero che il sovrano fosse impazzito, e che pertanto ordinasse cose prive di senso. Urlando, si recarono al castello, chiedendo l'abdicazione.

Disperato il re si dichiarò pronto a lasciare il trono , ma la regina glielo impedì, suggerendogli: "Andiamo alla fonte e beviamo quell'acqua. In tal modo, saremo uguali a loro".

E così fecero: il re e la regina bevvero l'acqua della follia e presero immediatamente a dire cose prive di senso. Nel frattempo, i sudditi si pentirono: adesso che il re dimostrava tanta saggezza, perchè non consentirgli di continuare a governare? La calma regnò nuovamente nel paese, anche se i suoi abitanti si comportavano in maniera del tutto diversa dai loro vicini. E così il re potè governare sino alla fine dei suoi giorni."


Paulo Coelho, Veronika decide di morire

super enorme buco nero



Supermassive black hole (MUSE)


Ooh, baby, don't you know I suffer?

Ooh, baby, can you hear me mourn?

You caught me under false pretences

How long before you let me go?

Ooh ooh ahh, you set my soul alight

Ooh ooh ahh, you set my soul alight

Glaciers melting in the dead of night

And the superstar sucked into the supermasssive

(Ooh ooh ahh, you set my soul alight)

Glaciers melting in the dead of night

And the superstar sucked in so...

(Ooh ooh ahh, you set my soul...)

I thought I was a fool for no one But ooh, baby, I'm a fool for you

You're the queen of the superficial

But how long before you tell the truth?

Ooh ooh ahh, you set my soul alight

Ooh ooh ahh, you set my soul alight

Glaciers melting in the dead of night

And the superstar sucked into the supermasssive

(Ooh ooh ahh, you set my soul alight)

Glaciers melting in the dead of night And the superstar sucked in so...(Ooh ooh ahh, you set my soul...)

Supermassive black hole

Supermassive black hole

Supermassive black hole Supermassive black hole

Glaciers melting in the dead of night

And the superstar sucked into the supermasssive

Glaciers melting in the dead of night

And the superstar sucked into the supermassive

And the superstar sucked in so...(Ooh ooh ahh, you set my soul...)
Supermassive black hole Supermassive black hole

lunedì 11 gennaio 2010

DEMOCRAZIA: LIBERTA' DA.


DI GIANLUCA FREDA

blogghete.blog.dada.net


“Per il popolo è un male minore sopportare piuttosto che controllare il governo, anche cattivo, del Re, di cui solo Dio è giudice”.(Luigi XIV, Memorie)


Col passare del tempo, il termine “democrazia” sta via via acquistando un significato negativo e deteriore che sembra preludere ad una sua futura messa al bando dal novero delle locuzioni sfruttabili dai media a scopo di controllo delle coscienze. Il declino dell’identificazione della “democrazia” come un valore è iniziato con le guerre americane successive all'11 settembre 2001, quando l’opinione pubblica mondiale si è resa conto che l’intento affermato dagli Stati Uniti - portare la “democrazia” alle popolazioni invase dall’esercito americano - corrispondeva, in realtà, ad un progetto stragista di occupazione, destabilizzazione e appropriazione di risorse di nazioni straniere, rispetto al quale la “democrazia” era una semplice foglia di fico ideologica posta a copertura morale di mire geostrategiche ben più complesse e inconfessabili.

Un simile processo di svuotamento e ribaltamento semantico avevano subito, a metà del Novecento, termini come “razzista” e “razziale”, un tempo identificativi di un’ideologia diffusa, accettata e connotata da valori positivi: l’idea coloniale del “fardello” dell’uomo bianco, entità antropologicamente ed intellettualmente superiore, investito da Dio della missione di portare la luce della scienza e del progresso alle popolazioni “barbare” dell’Africa e dell’Asia. Dopo la II Guerra Mondiale, la natura pretestuosa di questa ideologia e la funzione di copertura che essa svolgeva a favore delle mire di controllo geopolitico delle nazioni dominanti ed ex-dominanti divenne così evidente da rendere necessaria una sua sostituzione con nuove parole d’ordine.

Anche la “democrazia” sta dunque per essere espulsa dal novero dei pretesti “nobili” con cui giustificare, di fronte all’opinione pubblica, l’eterna partita delle grandi potenze per il consolidamento e l’estensione della propria influenza militare e commerciale. Nessuno, ad esempio, ha più avuto il coraggio, di fronte alla necessità degli Stati Uniti di estendere allo Yemen le proprie strategie militari di occupazione e controllo del Medio Oriente, di invocare ancora questo consunto feticcio a giustificazione delle manovre.

Quello di “democrazia” è divenuto un concetto ideologicamente inservibile: e direi che era ora. La democrazia, infatti, è sempre stata (prima ancora di diventare l’arma ideologica delle atrocità imperiali compiute in suo nome) una forma di governo puramente fittizia, il costrutto teorico più perverso e dannoso che il potere abbia mai dato in pasto ai popoli per giustificare e rafforzare il proprio controllo su di essi. Il disinnesco della sacralità semantica di questo lemma è da me attesa e auspicata come un primo passo verso la liberazione da quella perversione del pensiero che le parole, se non tenute sotto controllo e fatte oggetto di periodica e disincantata riflessione, disastrosamente portano con sé. La democrazia, quand’anche funzionasse davvero secondo i criteri e i meccanismi che i media hanno cercato di fissare nelle nostre coscienze, sarebbe comunque una pessima e inauspicabile forma di governo, origine di guasti e arbitrarietà senza fine. Consentire ad un popolo di governare per via diretta o rappresentativa lo Stato che lo ospita è una buona idea solo se quel popolo possiede le qualità di moralità, cultura e consapevolezza delle modalità con cui la politica opera sul piano nazionale e internazionale che sono necessarie a questo scopo.

Affidare un compito così delicato a masse di individui composte, per la stragrande maggioranza, da semianalfabeti, lettori di rotocalchi e spettatori di bestialità televisive, sarebbe un’opzione suicida per ogni nazione che, per esistere, abbia bisogno di essere governata con stabilità e criterio. Se la democrazia esistesse davvero, insomma, l’inettitudine dei popoli sovrani che pretendono di starne alla base ci avrebbe, già da tempo, condotti alla rovina. Fortunatamente, la democrazia non è mai esistita, se non come diabolico feticcio di controllo e gestione delle masse messo a punto dalle élite del potere borghese, ad inizio Novecento, per ottimizzare e rendere inattaccabile la propria posizione.

Ciò che siamo abituati a chiamare “democrazia” è infatti nient’altro che una peculiare modalità di gestione del potere che le élite hanno sviluppato nel momento in cui i mezzi di controllo di massa (giornali, radio, TV, tecniche di indottrinamento psicologico collettivo) hanno raggiunto un livello di raffinatezza e di sviluppo tali da consentire ai dominanti di sfruttare le piene potenzialità della nuova architettura politica, senza correre il rischio di perdere quello stretto controllo sui sudditi che sta alla base della loro permanenza al vertice. La democrazia garantisce alle élite il vantaggio di una pressoché totale deresponsabilizzazione.

Qualsiasi azione o decisione dannosa per i sudditi, un tempo imputabile a incapacità e inadeguatezza delle élite, risulta ora addebitabile ai sudditi stessi, i quali – questo è ciò che essi devono credere – hanno conferito essi stessi alla classe dirigente la delega di rappresentanza. Se gli eletti si rivelano inadatti allo scopo, la colpa è degli elettori che hanno scelto male, o che non sono stati sufficientemente vigili, o che non si sono informati abbastanza. La democrazia trasforma magicamente la spada di Damocle di una pubblica insurrezione in una applicazione del “divide et impera” che risulta estremamente vantaggiosa per i dominanti. I sudditi, infatti, posti di fronte alla manifesta corruzione ed autoreferenzialità dei loro rappresentanti, non penseranno più di unire le proprie forze per spodestarli, come avveniva nei tempi felici della monarchia, in cui il sovrano assumeva sopra di sé i benefici, ma anche i rischi della sua carica; in democrazia, al contrario, i subordinati accuseranno solo se stessi, o più spesso l’opposta fazione politica, del cattivo andamento delle cose.

Ogni cittadino incolperà del degenerare della vita pubblica non l’élite che amministra lo Stato nel peggiore dei modi, ma gli avversari politici che “hanno votato senza riflettere” per la fazione a lui avversa, garantendo così ai governanti corrotti non solo l’affrancamento da ogni imputazione, ma anche un’utilissima guerra civile permanente tra i soggetti che dovrebbero controllare l’operato dei manovratori e invece passano il tempo a maledirsi e accusarsi l’un l’altro di incompetenza elettorale. Naturalmente è tutta un’illusione: la possibilità di scelta dei governanti riservata ai cittadini è estremamente limitata, se non inesistente. I subordinati possono scegliere solo tra formazioni politiche predefinite, la cui immutabilità è garantita dall’apparato mediatico. Nessun soggetto politico che non possieda visibilità sui media avrà mai la minima chance di sostituirsi alle élite dominanti, il cui controllo esercitato sui mezzi di comunicazione garantisce loro una permanenza al vertice pressoché illimitata. E all’interno delle stesse formazioni di regime, la scelta dei singoli elementi che concretamente gestiranno il potere nelle istituzioni è riservata agli stessi membri dell’élite, non certo ai cittadini, ai quali la possibilità di selezionare nomi e volti viene sottratta con vari pretesti e vari strumenti.

Per poter funzionare secondo gli schemi previsti, questo sistema necessita di cittadini che siano capaci di contare al massimo fino a due. I mezzi di comunicazione si occupano infatti di costruire intorno alle loro vittime una realtà binaria, in cui il pensiero e la percezione del mondo vengono indirizzati su una categorizzazione fatta di dualità antitetiche, in mezzo alle quali c’è il nulla.

Ad esempio, un cittadino potrà essere “di destra” o “di sinistra”, “fascista” o “comunista”, “berlusconiano” o “antiberlusconiano”, “pacifista” o “guerrafondaio”; ma in mezzo a questi opposti non è consentita (perché non prevista dalla logica mediatica) nessun tipo di riflessione critica. Non è possibile rifiutare i concetti di “destra” e “sinistra”, di “fascismo” e “comunismo”, come categorie insulse e decedute ormai sessant’anni or sono, per ragionare su forme inedite di approccio ai problemi sociali. I media si preoccuperanno di ribadire incessantemente il pericolo di “un ritorno del nazismo” o del fascismo, o del comunismo per tenere in vita artificialmente l’universo rarefatto a cui ogni buon cittadino è chiamato ad adeguarsi, se vuole rendersi comprensibile ai propri simili. Esulare dalla dicotomia istituzionale significa violare il perimetro delle categorie di ragionamento definite dal potere, e dunque condannarsi all’oscurità dialettica, ponendosi ai margini di qualunque dibattito. Un soggetto che non inveisca rabbiosamente contro Berlusconi, o non dichiari piangendo la propria adorazione nei suoi confronti, ma si limiti ad analizzare il ruolo che egli svolge attualmente sullo scenario geostrategico per tentare di comprenderne i lineamenti e definire possibili dinamiche d’intervento, verrà spicciamente ricondotto al binomio “pro” e “anti” da moltitudini di amici e parenti furiosi, che lo accuseranno di tradimento.

I media si occuperanno anche qui, attraverso gli sguaiati battibecchi politici appositamente predisposti per i talk-show, di tenere viva questa impostazione binomiale, sollecitando i sentimenti più istintivi dello spettatore inebetito verso l’uno o l’altro dei due estremi, ma inibendogli allo stesso tempo ogni forma di elaborazione più complessa.

In alcuni casi particolarmente delicati, attinenti alla religione di Stato, la democrazia richiede che i sudditi siano in grado di contare al massimo fino a uno. Ad esempio il termine “antisemita” è lemma che non ammette contrari, ma solo sinonimi.

Questo perché, come è noto, nessuno può non essere antisemita. Tutti siamo colpevoli – per azione o per inazione - del mitico massacro nazista degli ebrei, tutti siamo chiamati a risponderne, tutti siamo chiamati a batterci il petto ogni 27 gennaio per chiedere perdono di colpe di cui siamo considerati oggettivamente responsabili, senza possibilità di controdimostrazione.

Non importa se all’epoca delle deportazioni nostro nonno doveva ancora nascere, non importa se abbiamo sempre detestato il razzismo, non importa neppure – ed è anzi blasfemo il solo pensarlo – che sulla reale modalità ed entità di quegli eventi esistano interrogativi sempre più inquietanti. Nessuno può sottrarsi al senso di colpa, poiché il senso di colpa è – ed è sempre stato – una delle armi più efficaci per tenere sotto controllo una popolazione “democratizzata”.

“Io chiamo discorso di potere”, affermava Roland Barthes in una conferenza del 1977, “ogni discorso che genera la colpa, e di conseguenza la colpevolezza, di chi lo riceve”. Il senso di colpa, opportunamente indotto nel prossimo, è uno straordinario meccanismo di manipolazione della psicologia altrui. Ogni essere umano, nel suo piccolo, ne fa uso d’istinto quando cerca di ottenere ciò che vuole.

“Se sapeste quanto mi sono sacrificata per farvi studiare”, dice ai suoi figli la mamma premurosa, cercando di convincerli a passare più tempo sui libri e meno su Facebook; “se mi lasci, mi butto dal balcone”, dice la donna tradita al marito fedifrago, nel tentativo di ripristinare l’amor coniugale, facendo leva sul terribile senso di colpa che scaturirebbe da un gesto suicida. La religione cristiana, su più ampia scala, ha implementato un senso di colpa ecumenico, derivante dal peccato originale che macchia ogni essere umano e dal sacrificio a cui il figlio di Dio ha dovuto sottoporsi per mondarne le nostre anime.

Gesù è stato una mirabile invenzione di potere, una mamma rompicoglioni alla miliardesima potenza alle cui recriminazioni nessuno può sfuggire. Non è un caso che la Chiesa, dopo 2000 anni, rappresenti ancora un rilevante centro di potere globale, nonostante i mille rivolgimenti culturali e politici che avrebbero dovuto affossarla molti secoli fa. Il mito dell’olocausto si avvia a svolgere la stessa funzione. E’ un mito ancora giovane e per ora limitato soprattutto all’Occidente, ma grazie all’appoggio formidabile garantito dai media, può fare molta strada. Ciò che qui comunque importa, è il fatto che la democrazia ha emancipato l’élite dominante da ogni residuo senso di colpa, e di conseguenza da ogni restante potere che le masse potevano esercitare su di essa, agevolando anzi un rovesciamento dei ruoli. E’ sempre più frequente ascoltare le recriminazioni di ministri incapaci e nullafacenti contro l’indolenza degli insegnanti, degli operai, dei disoccupati, della pubblica amministrazione e di molte altre categorie sociali a cui viene imputata la responsabilità dello sfacelo repubblicano, dovuto, ça va sans dire, non allo squallore infinito dei funzionari di governo, ma alle pessime scelte compiute nel passato dal corpo elettorale. E ancora una volta questa strategia produce risultati di spettacolare magnitudine: gli operai si accusano l’un l’altro di scarsa produttività, gli insegnanti si guardano in cagnesco, i dipendenti pubblici controllano malignamente l’operato dei colleghi, inondando la società civile di agnelli sacrificali e affrancando, nel contempo, la classe dirigente dalla necessità di rivestire questo ruolo. Tutta questa festante leggerezza istituzionale, conquistata dai dominanti dopo secoli di rovello, potrebbe subire un brusco arresto nel caso in cui, come dicevo all’inizio, il termine “democrazia” finisse per perdere il suo charme e per acquisire, come sembra di percepire in tendenza, un’accezione deteriore e mortifera. La realtà si costruisce sulle parole e muore insieme alle parole.

Il decesso dell’accezione virtuosa della parola “democrazia” rappresenterebbe la fine di un mondo, un rischio che il potere considera vitale scongiurare con ogni mezzo a sua disposizione. La democrazia ha realmente liberato l’umanità. Ha liberato i vertici del potere dalla fastidiosa incombenza di rispondere delle proprie prerogative di fronte ai governati, senza peraltro dover condividere il dominio sull’esistente nei fatti, ma solo nei fumosi e inattendibili falansteri teorici della filosofia politica. Ha liberato i popoli dal mito e dall’insostenibile paura della libertà, senza per questo costringerli al disonore della resa. La libertà obbliga a prendere decisioni, costringe a informarsi, comporta rischi, esige la selezione di criteri su cui fondare le proprie decisioni. Nessun popolo sano di mente è mai stato veramente disposto ad accollarsi tanti fastidi, se non a parole. Gli uomini comuni non vogliono queste noie: vogliono che venga loro ordinato, senza troppi fronzoli, cosa devono pensare, per poi potersi dire sinceramente convinti di ciò che pensano. Questo è ciò che vogliono, ma non hanno mai osato ammetterlo, poiché accettare la propria passività, pavidità e povertà di pensiero sarebbe un’onta intollerabile con cui nessun uomo riuscirebbe a convivere.

La democrazia ha offerto una pregevole scappatoia: garantire all’uomo della strada la permanenza di fatto nell’antica e irrinunciabile servitù, ma con il titolo formale di “sovrano”, di padrone e amministratore dello Stato.

La democrazia accarezza il narcisismo dello schiavo, che vuole sentir decantare le sue virtù di comando, ma non vorrebbe mai doverle dimostrare per paura di rivelare al mondo la sua inettitudine. Se la democrazia dovesse morire, per senescenza inarrestabile della semantica di riferimento, ci troveremmo tutti, all’improvviso, in un universo destituito del suo significato. Sarebbe un mondo spaventosamente vuoto, terribilmente privo di punti cardinali, deliziosamente foriero di nuove e inaudite concettualizzazioni dei rapporti di potere e della vita collettiva. Gianluca Freda

BASQUIAT












« Io non penso all'arte quando lavoro. Io tento di pensare alla vita »
(Jean-Michel Basquiat)

Sherlock Barman



Tragedia da bar.

Personaggi principali:

il barista; il cliente



- Qualcosa da bere, signore?

- Qualcosa di forte, di molto forte.

- Ha bisogno di tirarsi su, signore?

- Ebbene sì.

- Un Bloody Mary andrebbe bene?

- Ehm, sì.

- Una delusione d'amore?

- Come lo ha capito?

- Dal sospiro, signore.

- Dal sospiro?

- Esattamente. Il sospiro dell'innamorato deluso è assai diverso dal sospiro del bancarottiere o del semplice depresso. Faccio il barista da trent'anni e non mi è difficile riconoscerlo: lei ha tutti i sintomi di un uomo abbandonato di fresco.

- Be', non ci vuole molto. Basta guardarmi in faccia.

- Certo. Una ragazza alta e bionda, vero?

- Questo come fa a saperlo?

- Deduzione di barista. Lei ha un capello biondo sulla spalla e un segno recente di rossetto sulla tempia. Essendo lei di buona statura, solo una ragazza alta almeno un metro e settantacinque può lasciarle un segno così.

- Straordinario. E mi sa dire altro, caro il mio Sherlock Barman?

- La donna si chiama Maria, fa la hostess, le piacciono gli animali e andare al Luna Park.

- È tutto vero. Ma lei è un medium, indovino o cosa?

- Le ripeto, semplice spirito di osservazione baristica. Lei ha trasalito quando ho detto il nome del cocktail Bloody Mary, dal che ho dedotto che Maria, o Marina, doveva essere il nome della donna che la turba. Inoltre lei ha posto qui sul bancone un pacchetto di sigarette senza marca da bollo, e non essendo tipo da acquistare al contrabbando, ne deduco che glieli compri lei sull'aereo, e anche la sua cravatta è di un modello che si vende nelle boutique aeroportuali. Inoltre quell'accendino con il cockerino, via, non è da lei. È un regalo di Maria, vero? Infine quello lì, vicino all'accendino, è un gettone da Luna Park, autoscontri o qualcosa di simile.- È tutto esatto. Ma allora mi può dire anche perché Maria mi ha lasciato?- Be', anzitutto la sua gelosia morbosa per quel pilota.

- Vero anche questo. Ma lei come fa...

- Ovviamente, se lei è innamorato di una hostess non può che essere geloso di un pilota, infatti vedo che lei indossa giacca celeste e occhiali scuri, quindi inconsciamente tende a vestirsi come un pilota, per competere col fantasma del suo rivale.

- Va bene, va bene, Sherlock Barman. Ma adesso non mi dica che sa anche perché abbiamo litigato.

- I piatti, signore?

- Per dio, è vero. Ha tirato a indovinare?

- No, le riassumo com'è andata. Maria torna a casa stanca, tuttavia acconsente a cucinare per lei. Quella macchia di pomodoro fresco sul suo abito lo testimonia, ed è uno schizzo che viene da un tegame casalingo, non da un tavolo di ristorante. Poi Maria le chiede di lavare almeno i piatti. Lei mugugna, ma inizia a farlo, maldestramente però, come testimonia l'odore di detersivo che viene dalla manica della sua camicia. Ma poi rompe subito un piatto e si ferisce l'indice della mano destra, proprio lì...

- Ma...

- Non m'interrompa, Maria si arrabbia e grida «sei un incapace», lei la afferra per i polsi, noto il segno del braccialetto sul palmo della mano, Maria la graffia sul collo, vi avvinghiate e, come spesso succede in questi casi, vi eccitate e state per fare l'amore.- Questo come lo sa?- Camicia slacciata, pantaloni abbottonati storti, un vago odore di liquidi capronici che lei ancora emana. Ma poi Maria si ribella perché lei la vuole prendere da dietro, e le dà un colpo col tacco delle scarpe sullo stinco, ecco laggiù il segno, e poi le appioppa un gran ceffone sul collo. Scoppia la rissa, vi bombardate di piatti e ne fracassate a dozzine, infatti nel risvolto dei suoi pantaloni noto delle schegge di porcellana. Maria si strappa la collana che lei le ha regalato urlando «non voglio più niente di tuo» ed esce sbattendo la porta. Lei meccanicamente raccoglie qualche perla e se la mette nel taschino, eccole lì, poi cerca di raggiungerla ma sul pianerottolo inciampa nelle perle e cade, infatti è entrato qui zoppicando e tenendosi la schiena.

- Lei mi fa paura...

- Poi lei corre in strada, senza neanche il cappotto, ma non trova più Maria. E ora è qui davanti a me, disperato.

- Allora se sa tutto, mi sa dire anche come finirà?

- Posso provarci. Maria è inviperita. Le hostess hanno forti squilibri nervosi per via dei cambiamenti di fuso orario. La sua ormai, mi scusi, ex donna corre a farsi consolare dal suo pilota al Bar Rudy, quello dove si ritrovano tutti i piloti d'aereo a quest'ora. Ma oggi è lunedì e il Bar Rudy è chiuso. Allora fa cento metri e lo trova al Bar Paolo, ma Maria dice al pilota «ti prego, non restiamo in questo posto». Perché «Paolo» è il suo nome, signore, c'è scritto sulla piastrina che ha al collo, e Maria è così furente che non vuole nulla che le ricordi lei!

- Va bene. Ma allora, che fanno?

- Dato che cinque minuti fa si è messo a piovere, si rifugiano nel bar più vicino.

- E cioè?

- Questo, signore. Secondo i miei calcoli dovrebbero entrare qui più o meno tra un minuto...

- E cosa accadrà allora?

- Penso che lei, signore, andrà su tutte le furie, perché non sopporterà la vista dei due abbracciati, poiché niente come la pioggia avvicina sentimentalmente e carnalmente una hostess e un pilota. Inoltre, essendo la sua Maria un bel caratterino, penso che la provocherà.

- E allora?

- Allora lei estrarrà la pistola che incidentalmente ho intravisto sotto la giacca. Ma è un grosso errore. Perché lì a quel tavolo, vede, c'è un poliziotto in borghese, lo riconosco dal taglio dei capelli e dalle scarpe. L'agente tirerà fuori la pistola d'ordinanza che porta infilata alla cintura, vede lì sotto il rigonfio, e la fredderà in meno di un istante...

- Ridicolo. E poi il minuto è passato e non si è ancora visto nessuno.

- Già! Dimenticavo che qua, proprio all'angolo, c'è un negozio di casalinghi. Maria non resisterà alla tentazione di guardare se c'è un servizio di piatti adatto a sostituire quello appena distrutto nel litigio.

- Quindi?

- Quindi c'è un lieve ritardo. Ma ecco, come previsto, eccoli qua...

- Oh dio, no!

- Stia calmo signore!

- Ah, sei qui Paolo, ancora tra i piedi. Ma non avevi detto che andavi a spararti?

- Maria, non provocarmi.

- E chi vuole provocarti? Ti presento il comandante Serioli, il pilota del mio aereo.

- Piacere...

- Piacere un cazzo! Hai fatto in fretta a sostituirmi, eh, troia?

- Paolo, sei il solito cafone!

- Le proibisco di insultare la signorina...

- Ah sì? Perché se no cosa fai, bellimbusto? Credi di farmi paura?

- Paolo, sei pazzo, metti giù quella pistola!

- No, la devi pagare, puttana, e anche tu, bastardo, chissà da quanti anni mi prendevate in giro voi due, ma la pagherete!

- Fermo! Polizia! Metta giù quell'arma o sparo!

- Troia, ti uccido!

1. Sparo.

2. Urlo.

3. Tonfo.


- Oh dio, l'ha ucciso.

- Ho dovuto sparare signorina, quel pazzo stava per fare fuoco...

- Aiuto, muoio...

- Chiamate un'ambulanza.

- Perde molto sangue, non ce la farà.

- Cos'è successo?

- C'è stata una sparatoria, un agente ha sparato a un uomo ma quello si è abbassato di colpo ed è stato colpito a morte il barista.

domenica 10 gennaio 2010

yes we can ma trombà!


"... c'ho scritto il mì nome, Barack Obama Times New Roman 32, ce l'ho tatauato proprio, Barack Obama Times New Roman 32 Welcome to Santa Croce sull'Arnaccio!!!!!"
"Tamara, di Monte Lupo Fiorentino, perchè non me la desti?????"

giovedì 7 gennaio 2010

la loba


Sigilosa al pasar

Sigilosa al pasar

Esa loba es especial

Mirala, caminar caminar

Quién no ha querido a una diosa licántropa

En el ardor de una noche romantica

Mis aullidos son el llamado

Yo quiero un lobo domesticado

Por fin he encontrado un remedio infalible que borre del todo la culpa

No pienso quedarme a tu lado mirando la tele y oyendo disculpas

La vida me ha dado un hambre voráz y tu apenas me das caramelos

Me voy con mis piernas y mi juventúd por ahí aunque te maten los celos
Una loba en el armario

Tiene ganas de salir Deja que se coma el barrio Antes de irte a dormir

Tengo tacones de aguja magnetica Para dejar a la manada frenetica

La luna llena como una fruta No da consejos ni los escucha

Llevo conmigo un radar especial para localizar solteros

Si acaso me meto en aprietos tambien llevo el número de los bomberos

Ni tipos muy lindos ni divos ni niños ricos yo se lo que quiero

Pasarlo muy bien y portarme muy mal en los brazos de algún caballero

Una loba en el armario Tiene ganas de salir

Deja que se coma el barrio Antes de irte a dormir

Cuando son casi la una la loba en celo saluda a la luna

Duda si andar por la calle o entrar en un bar a probar fortuna

Ya está sentada en su mesa y pone la mira en su proxima presa

Pobre del desprevenido que no se esperaba una de esas

Sigilosa al pasar Sigilosa al pasar Esa loba es especial

Mirala caminar, caminar

Deja que se coma el barrio Antes de irte a dormir

mercoledì 6 gennaio 2010

l'isola che forse c'è


"L' Isola della morte" di Arnold Böcklin

"...ma sono io che debbo aspettare un giorno, lui è semplicemente rientrato nella domenica non appena ha varcato la linea del meridiano... ma allora l'Isola che vedo è quella di domenica..."

Umberto Eco, L' isola del giorno prima

i dolci sogni sono fatti di questo...






Sweet dreams are made of this

Who am I to disagree?


Travel the world and the seven seas


Everybody's looking for something


Some of them want to use you


Some of them want to get used by you


Some of them want to abuse you


Some of them want to be abused


Sweet dreams are made of this


Who am I to disagree?

















opere di Johann Heinrich Füssli, entrambe intitolate "L'Incubo"

perché Candy e Terence non si sposano?






copiato pari pari da "Non darmi ragione" di Riccardo, uno che sorride anche quando piove.


Candy e Terence quelli del cartone animato fine anni '70? Ma sì che si sposano! Ti sei perso le ultime puntate della storia.
Lo so. So che appare chiaro che i due sono destinati a convolare a nozze. Il punto è che non è vero.
Non pensi che sia il caso di fare una pausa dalle fanfiction? Ti stai inventando talmente tanti finali alternativi che li confondi con quello vero!
Candy sposa alla fine Albert, alias lo zio William. E questo è scritto nero su bianco nel "Dizionario illustrato dei fumetti (da Andy Capp a Zagor)", edito da DeAgostini, anno 1990.
Si sono sbagliati!
Nessuno si è sbagliato. Il fatto è che i responsabili della trasmissione del cartone, conoscendo che l'aspettativa del pubblico era nel modo più unanime possibile per una relazione Terence/Candy non si sono sentiti di smentirla.

Riassumiamo la storia

Candy è un orfanella che vive negli States agli inizi del 1900, in un istituto noto come la "Casa di Pony".Vivace, allegra, indisciplinata, nel mondo di oggi sarebbe stata curata a psicofarmaci fin dall'età di tre anni. In tempi diversi, i famarci li prendevano al limite gli adulti, per lo spavento nel trovare la bambina in cima al mastodondico albero dell'orfanotrofio.La sua vita cambia quando la sua amica del cuore Annie viene adottata da una rispettabile ed abbiente famiglia.



Rimasta sola e triste, incontra un ragazzo in kilt e cornamusa che le regala un medaglione per confortarla, quello a cui lei penserà sempre come al suo "principe della collina".Più tardi viene affidata ad una ricca e orgogliosa famiglia dei dintorni, la cui ambizione era provvedere la figlia Iriza di una dama di compagnia. Tutt'altro che disposta a farsi lo zimbello della fanciulla e del di lei fratello Neil, Candy reagisce rivendicando pari dignità dei suoi ospiti. Ovviamente viene punita ogni volta ed assegnata a svolgere lavori da serva.Però fa amicizia con i domestici, incontra un certo Albert che vagabonda nei boschi circostanti, e conosce anche tre coetanei, Archie, Stear ed Antony.



Quest'ultimo ha una straordinaria somiglianza con li famoso "principe". Tra i due nasce spontaneamente un sincero affetto.
Nel frattempo Iriza, che tra l'altro vorrebbe avere campo libero con Antony, riesce a convincere i genitori ad inviare Candy a lavorare in Messico. A riportarla indietro è un emissario del misterioso zio William, con cui tanto Antony, Archie e Stear, quanto Iriza e Neil sono in qualche modo imparentati.
Lo zio William è il legittimo titolare della maggior parte delle proprietà dei dintorni.
Per questo la sua influenza è tale che nessuno obietta quando il suo emissario rivela la sua intenzione di adottare Candy.Al culmine della sua scalata sociale, Candy partecipa ad una caccia alla volpe, in cui uno sfortunato incidente causa la morte di Antony. Più per allontanarla dai tristi ricordi che preoccupato della sua educazione (come si capirà solo più tardi), lo zio William la invia a Londra, in una prestigiosissima scuola per fanciulle di famiglie dabbene. Qui ritrova Iriza, che le rinfaccia le sue origini, e subisce altre angherie, ma si ricongiunge anche con Annie e conosce una nuova amica, Patty.
Nella parte maschile dell'istituto ci sono anche Archie e Stear, dai quali dove Candy si reca di nascosto nottetempo, c'è Neil e c'è l'erede di una nobilissima famiglia inglese, Terence.Macchiato dall'avere per madre una attrice, Terence si adegua meno di Candy alla rigida disciplina dell'istituto, evitando peraltro la minima osservazione da parte degli insegnanti per l'influenza del padre all'interno della scuola.Diversi eppure simili, Candy e Terence si confrontano con ostilità all'inizio. Poi a Londra Candy ritrova anche Albert e, scoprendolo amico di Terence, comincia a considerare diversamente il rampollo inglese.

Grazie a Candy, Terence riesce a guardare con chiarezza dentro se stesso e a scoprire le sue ambizioni. Durante le vacanze estive, Candy riceve da Terence il primo vero bacio.Bello, ricco, ottimo suonatore di armonica, mai caricato del minimo dovere o della più semplice responsabilità, poteva Terence non piacere ad Iriza? Infatti no. La cattiva ufficiale della serie provvede a mettere Candy in una situazione tale che ne viene decretata l'espulsione.
Ma le cose non vanno come si aspetta. Terence decide di abbandonare la scuola perché Candy abbia la possibilità di restarvi, ma la ragazza poco dopo si rende conto di non desiderare la vita a cui la stanno preparando e parte intenzionata a ritornare alla "Casa di Pony". Per la strada frattanto scopre di avere un talento per la professione di infermiera. Decisa ad intraprendere quella strada e, con un discreto aiuto del sempre presente e sempre misterioso zio William, comincia un lungo apprendistato. Si tiene in contatto con Terence, anche lui giunto negli States, per intraprendere la carriera di attore, seguendo l'esempio della madre.
Ottenuta dopo un considerevole tirocino la parte di Romeo in "Romeo e Giulietta", Terence rischia la morte in un incidente con gli attrezzi di scena. A salvarlo è la sua partner, manco a dirlo innamorata di lui, Susanna.Susanna perde una gamba e con essa tutte le sue ambizioni di attrice. Quando Candy, finalmente invitata da Terence per assistere a "Romeo e Giulietta", viene a conoscenza della situazione e della disperazione della ragazza, lascia Terence libero di scegliere tra Susanna e se stessa.Il giovane comprende che non potrebbe mai sentirsi in pace, sapendo di aver abbandonato la sua salvatrice.

Ma poi ci ripensa!

No. Succedono altre cose. Ed il punto è proprio questo.Nel nostro Paese ben pochi all'epoca hanno condiviso, capito o saputo spiegare quella scelta.Bisogna ricordare che, seppure scritta negli anni '70 ed ambientata tra l'Europa e l'America del Millenovecento, la storia è destinata ad un pubblico giapponese.In giappone il senso del dovere è vissuto in modo più vincolante che dalle nostre parti, specialmente nei confronti di chi sacrifica per l'altro la propria esistenza. Perché al giapponese che legge questa storia appare evidente che Susanna, con la sua memomazione, è come se avesse rinunciato alla propria vita per Terence, creando un debito che può essere pienamente saldato da Terence solo con dedicandole a sua volta la sua vita. Cosa che peraltro lei si aspetta.Noialtri abbiamo le nostre radici nel Cristianesimo e ci è stato trasmesso il fatto che Dio ha dato la sua Vita per noi, gratuitamente. Addirittura, chi crede, ha la ferma convinzione che Dio ha la volontà e la capacità di riportare alla Vita ciò che è morto. Questo ci porta ad un approccio diverso nei confronti di un debito di questa portata, che coinvolge Dio stesso, capace di saldarlo con la sua Provvidenza.
La storia continua con Candy che riprende la sua vita come infermiera, dividendo il suo appartamento con Albert, che era giunto in ospedale privo di memoria. Si era infatti recato in Africa ed era stato accidentalmente colpito da un'esplosione mentre viaggiava.
Era d'altronde in corso la Grande Guerra.A dimostrazione che è meglio soli che male accompagnati, Neil si incapriccia di Candy. La nostra eroina si trova di conseguenza nella difficoltà di respingere un pretendente molto gradito alla sua famiglia di adozione, scandalizzata dal fatto che chi porti il loro nome lavori come infermiera, nel momento in cui il finora sempre presente zio William sembra sparito nel nulla.Tutto si risolve nel momento in cui Albert ritrova la memoria e si rivela essere tanto lo zio William, un fratello della madre di Antony, quanto il "principe della collina". Fiori d'arancio e fine.
Ma c'è un solo fatto nella storia, la scelta di Terence, che è rivolto ad un pubblico giapponese?
No. Bisogna intanto ricordare che comunque la storia ha una ambientazione occidentale, perciò le circostanze e le reazioni dei personaggi sono tipicamente occidentali. È il significato che viene dato ad alcune cose che contiene rimandi alla cultura giapponese.

Due esempi.Archie ha una cotta per Candy e non nota di essere amato da Annie.
Annie se la tira, a dirla tutta, e non dà al ragazzo il minimo indizio del suo interesse. Un bel giorno c'è la scena madre. Archie si dichiara a Candy, mentre Annie assiste di nascosto. Annie lascia cadere il lavoro a maglia preparato per il ragazzo e fugge, Candy la segue.
Le due si parlano ed Annie le rinfaccia di essere stata la preferita da tutti fin dai tempi della "Casa di Pony", a beneficio di Iriza che era di passaggio e che provvederà poi a rivelare le origini di Annie a tutto l'istituto.

Da allora però Archie vede Annie con una luce diversa. E non è, come un occidentale potrebbe credere, perché aveva un debole per le ragazze orfane, né perché prova pietà nei confronti di Annie. Il lavoro a maglia è prova di un sincero interessamento a cui Archie non resta indifferente. Lavorare la maglia per qualcuno, tradizionalmente rappresenta la disponibilità di dedicare il proprio tempo e le proprie energie per lui.

Questa te la sei inventata!

Tutt'altro. È una costante nel panorama del fumetto giapponese. Prendiamo "Video Girl Ai", manga degli anni '90. Takashi dice a Moemi, mentre lei gli offre in regalo una sciarpa, che ritiene quel regalo troppo impegnativo. Moemi gli conferma l'intensità e la sincerità dei suoi sentimenti.Consideriamo "Maison Ikkoku", anni '80, la cui versione animata ha in Italia l'inspiegabile titolo di "Cara, dolce Kyoko". Kyoko regala una sciarpa a Yusaku Godai per Natale. Yusaku comincia a credere di aver fatto breccia nel cuore della donna per poi scoprire che ella ne ha fatto dono anche al suo rivale, Shun Mitaka. Giunti al locale della festa, Mitaka e Godai scoprono con rammarico che Kyoko ha regalato sciarpe a tutti i presenti.
Qui, dato che la storia è una commedia, il significato è rovesciato in chiave umoristica.E sono certo che impegnandomi un po' troverei altri casi.Esempio numero due.Stear ad un certo punto parte volontario per la Grande Guerra. Mentre Patty, che è divenuta la sua fidanzata, ascolta il suono di un carillon da lui costruito, Stear viene abbattuto e muore. In quel momento il carillon smette di funzionare. Patty pensa imediatamente che qualcosa sia successo a Stear.

Il carillon si è rotto in quel momento per caso e Patty è un po' tocca.

Sì, esattamente questo è il pensiero occidentale.
Qui da noi si assume che l'oggetto perda qualsiasi legame con chi lo ha creato. Diamo per assodato che è fatto di pura materia inerte. In giappone, dove la cultura animista ha permeato la società molto più a lungo, si percepisce che lo spirito dell'artefice si trasmetta all'oggetto, quando la materia inerte assume il valore e la funzione che ha voluto dargli chi lo ha creato. Quindi mentre Stear rende lo spirito, anche il suo carillon ne resta privo.

Adesso vuoi far credere che sei un esperto di cultura giapponese? Che capisci la sensibilità orientale?

No e poi no. Non lo sono ed è assai probabile che mi sbagli in molti punti della mia analisi. Io non sono un critico letterario, né avevo pensato in origine di inserire in questo blog un post come questo. Solo leggendo il blog di bellatrix74 ho trovato spunto per la domanda che da il titolo a questo post schizzofrenico. Mi faccio le domande da solo e rispondo con la conoscenza di un appassionato di fumetti giapponesi ed animazione che si è limitato a cercare di scegliere quello che gli poteva interessare di più e, così facendo, ha appreso disordinate cognizioni, per quanto ritengo corrette.

Ma insomma che fine fa Terence?

bellatrix74 ha analizzato il personaggio con molta precisione. Nonostante la sua scelta lo abbia allontanato in modo definivo da Candy, non riesce a reggere la responsabilità di doversi dedicare a Susanna. Fugge, cade in depressione e comincia a dipendere dall'alcool. Candy lo ritrova a lavorare come saltimbanco. A quel punto Terence riconosce la giovane tra il pubblico ed inizia a declamare Shakespeare. Non mi è chiaro se in questo si rappresenta il rimpianto per quello che ha abbandonato o una nuova consapevolezza della sua mai svanita ambizione a recitare.

Davvero davvero?

Le due autrici di "Candy", quella della storia e quella dei disegni, hanno una causa in corso in Giappone, relativamente ai diritti. Io racconto quello che mi ricordo dall'animazione e dalla lettura di alcune riviste specializzate. In Italia ci sono almeno due case editrici disposte a pubblicarlo appena possibile. Ed io, dovesse succedere, faccio spazio nella mia libreria.





martedì 5 gennaio 2010

ipse dixit



Non solo Dio gioca a dadi, ma li getta laddove non possiamo vederli.

(Richard Feynman)

lunedì 4 gennaio 2010

l'ormone comunista

"Il comunismo, per me, è di natura ormonale. Oltre all'ipofisi, io ho nel cervello una ghiandola che secerne ragioni affinchè io sia stato e continui ad essere comunista. Quelle ragioni le ho trovate, un giorno, condensate in un motto de La Sacra Famiglia di Marx ed Engels: “Se l'uomo è formato dalle circostanze, bisogna formare le circostanze umanamente.”
Le circostanze non le ha formate umanamente il socialismo pervertito, e tanto meno le formerà mai il capitalismo, che è pervertito per definizione. Dunque, il mio cervello continua a secernere l'ormone."

(“Se si potesse globalizzare il pane, starei dalla parte dei globalizzatori”, intervista di Piergiorgio Odifreddi a José Saramago)

domenica 3 gennaio 2010

Gatto vivo, gatto morto






dopo un fine settimana poco meta e molto fisico, mi sono trovata a pensare ai paradossi della scienza, perchè è vero che la fisica descrive la realtà... “ma noi non sappiamo che cosa sia la realtà se non attraverso la descrizione fisica che ne diamo”, ci insegna Einstein.
Ho recuperato dunque il pensiero di William James, filosofo e psicologo pre frudiano, sull'indeterminismo:
“Il mondo delle cose reali galleggia su un più ampio mare di possibilità, da cui esse furono estratte. E in qualche luogo, dice l'indeterminismo, esse esistono, e costituiscono parte della verità.”

Ma subito dopo mi è venuta inmente una fantastica barzelletta:

Due mucche al pascolo. Una si rivolge all'altra e dice: “Anche se pi greco solitamente si abbrevia a cinque decimali, in realtà va avanti all'infinito.”
La seconda si volta verso la prima e fa: “Muuh”




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Mandarino per nascita e per elezione, a orologeria per necessità. politicamente scorretta, vivo libera da ogni convenzione e religione, tutti i giorni reinvento il mio mondo e ridò la carica al mio trenino a molla