"Cos'è che in noi mente, uccide, ruba?" Georg Büchner, Woyzeck

domenica 28 febbraio 2010

xxx


Bella bambolina, piccola evasione di sesso e di dolcezza quasi a portata di mano.
Bella bambolina, sempre pronta e sempre attenta, a disposizione per giocare, parla e tace a comando.
Bella bambolina, mette il broncio e piange un po', ti sorride, ti diverte, ti intriga e poi ti annoia.
Bella bambolina, tante ombre e tanti veli, viene voglia di abbracciarla, consolarla, forse anche di convincerla che ha torto, che tutto questo ha senso, perchè la vanità e il gusto della conquista a volte hanno la meglio.
Ma è solo un attimo, e passa in fretta. La bambolina rimane nella sua scatola di latta.

mercoledì 24 febbraio 2010

a caldo.


non posso negare che la sensazione sia di fallimento.

ma baby, fatti un giro sul lato selvaggio.

la sensazione è sempre quella, di non saper stare al mondo.

mi è stato detto che la vita è un combattimento, a te non interessa combattere?, ma io sento che la mia battaglia è un'altra.


http://www.youtube.com/watch?v=WZ88oTITMoM

martedì 23 febbraio 2010

domenica 21 febbraio 2010

ci riprovo......

Déjame sueltas las manos
y el corazón, déjame libre!
Deja que mis dedos corran
por los caminos de tu cuerpo.
La pasión -sangre, fuego, besos-
me incendia a llamaradas trémulas.
Ay, tú no sabes lo que es esto!

Es la tempestad de mis sentidos
doblegando la selva sensible de mis nervios.
Es la carne que grita con sus ardientes lenguas!
Es el incendio!
Y estás aquí, mujer, como un madero intacto
ahora que vuela toda mi vida hecha cenizas
hacia tu cuerpo lleno, como la noche, de astros!

Déjame libre las manos
y el corazón, déjame libre!
Yo sólo te deseo, yo sólo te deseo!
No es amor, es deseo que se agosta y se extingue,
es precipitación de furias,
acercamiento de lo imposible,
pero estás tú,
estás para dármelo todo,
y a darme lo que tienes a la tierra viniste-
como yo para contenerte,
y desearte,
y recibirte!

Pablo Neruda


Dos cuerpos frente a frente
son a veces dos olas
y la noche es océano.

Dos cuerpos frente a frente
son a veces dos piedras
y la noche desierto.

Dos cuerpos frente a frente
son a veces raíces
en la noche enlazadas.

Dos cuerpos frente a frente
son a veces navajas
y la noche relámpago.

Octavio Paz



Flores, pedazos de tu cuerpo;
me reclamo su savia.
Aprieto entre mis labios
la lacerante verga del gladiolo.
Cosería limones a tu torso,
sus durísimas puntas en mis dedos
como altos pezones de muchacha.
Ya conoce mi lengua las más suaves estrías de tu oreja
y es una caracola.
Ella sabe a tu leche adolescente,
y huele a tus muslos.
En mis muslos contengo los pétalos mojados
de las flores. Son flores pedazos de tu cuerpo.

Ana Rossetti

non smetterò. statene certi.



Ho imparato a sognare,
che non ero bambino
che non ero neanche un' età
Quando un giorno di scuola
mi durava una vita
e il mio mondo finiva un po là
Tra quel prete palloso
che ci dava da fare
e il pallone che andava
come fosse a motore
C'era chi era incapace a sognare
e chi sognava già
Ho imparato a sognare
e ho iniziato a sperare
che chi c'ha avere avrà
ho imparato a sognare
quando un sogno è un cannone,
che se sogni
ne ammazzi metà
Quando inizi a capire
che sei solo e in mutande
quando inizi a capire
che tutto è più grande
C' era chi era incapace a sognare
e chi sognava già

Tra una botta che prendo
e una botta che dò
tra un amico che perdo
e un amico che avrò
che se cado una volta
una volta cadrò
e da terra, da lì m'alzerò

C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò

Ho imparato a sognare,
quando inizi a scoprire
che ogni sogno
ti porta più in là
cavalcando aquiloni,
oltre muri e confini
ho imparato a sognare da là
Quando tutte le scuse,
per giocare son buone
quando tutta la vita
è una bella canzone
C'era chi era incapace a sognare
e chi sognava già

Tra una botta che prendo
e una botta che dò
tra un amico che perdo
e un amico che avrò
che se cado una volta
una volta cadrò
e da terra, da lì m'alzerò

C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò

(Ho imparato a sognare, Negrita)

LA FAME E LA NEVROSI












"Era più o meno il 1532 quando Michelangelo scolpì i Prigioni. Sarebbero dovuti andare a Roma, incastonati nella tomba del papa Giulio II (Giuliano della Rovere), dentro San Pietro in Vincoli. Un monumento maledetto, la cui composizione accompagnò l’artista per tutta la vita. Tra ripicche e rimandi, ritardi, ripensamenti. Ogni volta che litigava col papa se ne tornava a Firenze, e nei ritagli di tempo dipinse la Cappella Sistina. Mise al centro la statua di Mosè (“alla qual statua non sarà mai cosa moderna alcuna che possa arrivare di bellezza, e de le antiche ancora si può dire il medesimo” dice il Vasari), e ai lati avrebbero dovuto esserci queste figure, che chiamava “Prigioni”. Uomini, corpi che si divincolano e si dibattono, che cercano di uscire dalla pietra da cui nascono e che li trattiene.
Michelangelo impiegò un anno a scegliere i blocchi di marmo alle cave di Carrara, ma quando li fece finalmente recapitare in piazza San Pietro non sapeva che farne. Il progetto languiva, i marmi furono sfregiati e infine rubati. I primi Prigioni li scolpì nel 1513, e finirono subito a parigi, offerti da Roberto Strozzi, che li aveva ricevuti in dono da Michelangelo stesso, a Francesco I. Adesso sono al Louvre. Gli altri quattro li fece circa vent’anni dopo, e sono a Firenze, alla galleria dell’Accademia.

Il Prigione detto lo schiavo che si desta, il Prigione detto Atlante, il Prigione detto lo schiavo barbuto, il Prigione detto lo schiavo giovane. Hanno un corridoio tutto per loro, e formano una specie di corteo che annuncia il David. Ma non hanno un nome. Sono identificati per come appaiono, per il modo in cui cercano di divincolarsi, dal fatto che abbiano o meno la barba. Un giorno ho iniziato a pensare a quanto somiglino a quegli immigrati che vediamo avvolti nelle coperte, appena sbarcati da barche inverosimili, dopo viaggi infernali, o addirittura ripescati nel mare. Creature che attraversano il mondo passando attraverso strati assai più duri di quelli che attraversiamo normalmente noi, strati di marmo. Ma che da quella loro miseria mostrano un’energia spaventosa.
Mi ricordo gli occhi di un ragazzo liberiano, salvato da un naufragio. Era insieme a un’altra decina di uomini, giovani, bellissimi, li mostravano al telegiornale avvolti appunto in quelle coperte. Seduti, la schiena poggiata contro un muro, disfatti. Eppure non si aggrappavano alla stoffa, non tremavano. Erano fermi, con quegli occhi accesi, e la coperta come un marmo che li imprigionasse. Quel giorno iniziai a pensare ai Prigioni di Michelangelo in modo diverso.

Avevo sempre immaginato che quelle statue raccontassero un conflitto tra anima e corpo. Una battaglia feroce tra ciò che ti tiene coi piedi per terra e la nostra voglia di volare. Realtà e sogno, quotidiano e utopia. Credevo che parlassero di nevrosi, di lotta furibonda tra l’impossibilità di fare e la necessità di fare. Credevo che tutta l’arte che amavo avesse a che fare con quello che siamo diventati, come se l’umanità avesse avuto una sola fase della sua storia, quella degli psicofarmaci e delle psicopatologie. Che insomma Edipo fosse il primo caso diagnosticato di complesso di Edipo.

Poi sono arrivati anche da noi gli immigrati. L’arrivo degli uomini e delle donne dall’Africa e dall’Europa dell’est è stato come un tassello di tempo diverso inserito nel nostro. Un cronosisma destabilizzante. Sono arrivati mostrandoci come eravamo, cosa viene prima del benessere. Che la parola fame, ad esempio, non significa un desiderio compulsivo di cibo per placare il dolore dell’esser stati poco amati. Non è quell’impulso che precede l’ingozzamento selvaggio e indiscriminato e che è seguito dal vomito. La fame è quando non hai niente da mangiare e se dura parecchio alla fine muori. E altre cose così.
L’immigrazione, oltre a deformare l’aspetto antropologico delle nostre città, sicuramente determinerà un nuovo punto di sguardo. Non potremo non essere influenzati da occhi che vedono la nostra arte senza averne un’esperienza storica e attraverso la loro cultura appunto 'pre-nevrotica'. "
Elena Stancanelli, Firenze da piccola

idee per un testo da declamare

Una voce! Il mio diletto!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.
Somiglia il mio diletto a un capriolo
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate.
Ora parla il mio diletto e mi dice:
"Alzati, amica mia,
mia bella, e vieni!
Perché, ecco, l'inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n'è andata;
i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
Il fico ha messo fuori i primi frutti
e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia,
mia bella, e vieni!
mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è leggiadro".
Prendeteci le volpi,
le volpi piccoline
che guastano le vigne,
perché le nostre vigne sono in fiore.
Il mio diletto è per me e io per lui.
Egli pascola il gregge fra i figli.
Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
ritorna, o mio diletto,
somigliante alla gazzella
o al cerbiatto,
sopra i monti degli aromi.


CANTICO DEI CANTICI

sabato 20 febbraio 2010

posso offrirti un caffè?


avete voglia di assaggiare il caffè più costoso al mondo?
hmm....deve essere delizioso!!! se costa 5 euro a tazzina (e 500 al kg!) deve esserlo per forza.
Ma ne avrete ancora voglia dopo aver scoperto che cosa lo rende così unico - e di difficile elaborazione?

il KOPI LUWAK è prodotto nelle isole dell'arcipelago indonesiano, Sumatra, Giava e Sulawesi, e nelle Filippine, raccogliendo le bacchè del caffè ingerite, parzialmente digerite e defecate dallo "zibetto delle palme comune".
Pare che questo simpatico animaletto infatti produca degli enzimi capaci non di digerire la bacca del caffè, ma solo di intaccare la parte esterna riducendone il sapore amaro. Insomma pare che con questo "passaggio intermedio" il gusto ne guadagni molto. Interessante filiera. Le bacche defecate vengono quindi raccolte e messe in produzione.
Ora io mi domando e dico: ma a chi cazzo gl'è venuto in mente di raccogliere la cacca dello zibetto e di farci il caffè????????



http://www.youtube.com/watch?v=1Q7IYpLYQ7Q

Principesse

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mercoledì 17 febbraio 2010

disarmata


what can I do, honey
I'm feel like the color blue

lunedì 15 febbraio 2010

metafore




Non esiste programma di vacanza più bello che proporsi di non leggere neppure un rigo, e dopo, niente di più piacevole che, al momento opportuno e con un libro veramente attraente, tradire il bel programma.

Hermann Hesse

giovedì 11 febbraio 2010

brrrr...

ho giurato, l'estate scorsa, che mai , mai , mai più mi sarei lamentata per il freddo... non dopo aver passato 4 mesi a smadonnare perchè avevo la pressione sotto i piedi.
e infatti non mi lamento. ma nevica di nuovo.... la neve mi piace, ma in montagna non in città!
e allora... almeno voglio ricordare momenti più piacevoli...



c'è chi sta peggio di me




divertentissimo!!!!!
complimenti all'autore.
http://padrepio-im.tumblr.com/

BANG!!!


La clitoride ha uno scopo. È l'unico organo del corpo umano designato esclusivamente al piacere. È solo un fascio di nervi, per la precisione 8mila fibre nervose: la più alta concentrazione di fibre nervose di tutto il corpo, compresi i polpastrelli, le labbra e la lingua, e due volte... due volte superiore a quella presente nel pene.
Chi ha bisogno di una rivoltella, quando ha a disposizione una semiautomatica?


Nathalie Anger, Woman, da “I monologhi della vagina” di Eve Ensler

martedì 9 febbraio 2010

Alphabet


S di Salaud

lunedì 8 febbraio 2010

ERRATA CORRIGE


P di permalosa.


P di passione.


P di piacere.


P di "prendimi. Sono qui"

sabato 6 febbraio 2010

alfabeto


P di "prendere atto"

CUORE DI CEMENTO

Mi serve troppo perdermi per starmene con me
Che il tempo porti polvere che il vento piano spazzera'
Ricordami di ridere un altro dei miei debiti
Ma quanto devi correre per stare a tempo dietro a me
Io vivo in un satellite che gira assai lontano
ma addosso ho troppa ruggine
per ritornare in fretta a terra qui da te
Sparami... mira al centro fallo a tradimento
che il mio cuore e' di cemento e un colpo solo non lo sento.....

NEGRITA
http://www.youtube.com/watch?v=I1wxN_kMQQ0&feature=related

lunedì 1 febbraio 2010

alfabeto

S di Serena

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Mandarino per nascita e per elezione, a orologeria per necessità. politicamente scorretta, vivo libera da ogni convenzione e religione, tutti i giorni reinvento il mio mondo e ridò la carica al mio trenino a molla