"Cos'è che in noi mente, uccide, ruba?" Georg Büchner, Woyzeck

martedì 6 dicembre 2011

qualcosa su cui riflettere III


Bisogna posare veleno e pugnale e crearsi il proprio lieto fine, la maggior parte delle volte.

(guardando Grey's Anatomy)

lunedì 5 dicembre 2011

miscellanea - la ricerca della serenità. che porta solo inquietudine.

exue fastus,
curam mansuri qusquis amor habes!

Ovidio, Ars Amandi

I giorni sono sempre più brevi
le piogge cominceranno.
La mia porta, spalancata, ti ha atteso.
Perchè hai tardato tanto?

Sul mio tavolo, dei peperoni verdi, del sale, del pane.
Il vino che avevo conservato nella brocca
l'ho bevuto a metà, da solo, aspettando.
Perchè hai tradato tanto?


Ma ecco sui rami, maturi, profondi
dei frutti carichi di miele.
Stavano per cadere senza essere colti
se tu avessi tardato ancora un poco.


Nazim Hikmet

l'anima dell'amore che passa e se ne va....



Schopenhauer lo chiamava Genio della specie, i Matia Bazar Mister Mandarino.
altri credono che bisogna sacrificare agli dei, tutti gli dei, senza dimenticare Bacco e senza disertare i suoi riti... anche il più razionale e laborioso dei mortali, infatti, deve cedere al dio dell'ebbrezza per non incorrere nelle sue ire e rischiare di impazzire.

domenica 4 dicembre 2011

A wishing well of crocodile cheers



il mio pozzo dei desideri stregato, che tutto mi concede e tutto si riprende... dopo avermelo fatto maledire.
lacrime di farfalle, gioie di coccodrillo.

martedì 29 novembre 2011

una tazza di tè?


non bastava il caffè fatto con i chicchi evacuati da un orribile animaletto, ora per gli amanti del tè, come me, e giusto per la serie "non ci facciamo mancare niente", è in arrivo il prelibato tè alla cacca di panda.
si, capito bene, cacca di panda.
Le sostanze nutritive che rimangono nelle feci del simpatico mangia-bambù, infatti, sarebbero proprio l'ideale da aggiungere alla bevanda calda e profumata che amo bere nei freddi pomeriggi invernali, accanto al mio caminetto.
al costo di 58mila euro al chilo.

la crisi è la crisi, ma a nessuno si nega la sua tazza di tè.

fonte:
http://ancheioaspettoquestogiorno.blogspot.com/2011/11/assurdita-dal-mondo-cina-il-con-feci-di.html
http://blog.studenti.it/mondocurioso/cina-in-progetto-la-realizzazione-di-un-te-realizzato-con-cacca-dei-panda/

domenica 27 novembre 2011

Ariadna da Nasso

Ariadna, "la più pura", venne piantata in Nasso da Teseo, come noto.
Lì la fanciulla imparò a cavarsela da sola, imparò le gioie della solitudine e la soddisfazione dell'indipendenza.
Non è proprio malaccio la vita, qui, si diceva Ariadna, anche i momenti di tristezza, poverini, hanno un loro perché e io godo anche di loro.
Ariadna venne a sapere di un popolo lontano che chiamava questo sentimento Saudade, e questa parola le piacque, perché esprimeva proprio bene ciò che la fanciulla provava, un misto di nostalgia e di rimpianto per ciò che aveva perso e per ciò che non aveva mai conosciuto.
Ariadna spesso guardava il mare in tempesta, rimanendosene al riparo sulla costa, e aveva Saudade di quelle terre all'orizzonte che desiderava raggiungere e Saudade del porto sicuro che avrebbe dovuto necessariamente lasciare.
La Saudade, infatti, è il sentimento di perdita che si prova sia per ciò che conosciamo che per ciò che sentiamo ignoto, seducente, sfuggente.
Le giornate di Ariadna a volte erano noiose, a volte erano entusiasmanti, a volte così così, ma la ragazza aveva fiducia in se stessa e nel suo futuro, ed era orgogliosa di essere sopravvissuta tanto bene nella solitudine della piccola isola, e di aver approfittato di quell'abbandono come di una possibilità, di averlo trasformato in un incontro con se stessa, col mondo immenso e suggestivo che sentiva di avere dentro, a volte tumultuoso come il mare che bagnava l'isola, a volte calmo e pacifico, rassicurante. Ariadna sentiva una grande risorsa in se stessa, una grande forza, e aveva imparato che tutte le sue paure e le sue angosce erano doni preziosi, campanelli d'allarme rispetto a situazioni che richiedevano accortezza, e allora la ragazza si fermava a ponderare le novità e il da farsi, per non sbagliare. La paura e l'angoscia, allora, - si diceva, stupita e felice della sua riflessione - sono mie amiche e consigliere, non devo fuggirle o temerle! Devo, al contrario, ascoltare i loro consigli. È così che mi sono salvata dal lupo quando ho sentito rumori sconosciuti nel fondo del bosco, la paura mi ha messo le ali ai piedi e sono fuggita.
È così che mi sono salvata dai pirati che sono sbarcati sull'isola e che mi avevano promesso di portarmi via, di riportarmi a casa. L'angoscia che provavo per le loro unghie sporche, per i loro sorrisi sguaiati - l’angoscia di cosa ne sarebbe stato di me - mi ha messo in allarme, mi ha salvata da un sicuro peregrinare per i sette mari, facendo la schiava e la prostituta a vita.
Se mi fossi sforzata di essere più coraggiosa e fossi rimasta dov'ero, senza ascoltare la mia paura, il lupo mi avrebbe raggiunto e sbranato.
Se mi fossi fatta coraggio e avessi accettato il tutto per tutto pur di andarmene da me stessa – da Nasso, si corresse Ariadna scocciata dal lapsus - i pirati mi avrebbero preso in giro, illudendomi di veleggiare verso casa e condannandomi invece a una vita di prigionia.
È importante che io mi fidi della mia paura, e che accetti la mia angoscia, si disse dunque la povera ragazza, che povera adesso lo era davvero, proprio lei che era la figlia di un re e che aveva conosciuto i fasti e il rispetto durante la sua vita a palazzo. Ma questo era prima, prima di conoscere Teseo, prima di seguirlo nel suo viaggio, prima di essere abbandonata.
Era triste, ma se così non fosse stato, Ariadna lo sapeva bene, non ci sarebbe stata Nasso, non ci sarebbe stato mare tumultuoso, non ci sarebbe stata Saudade, non ci sarebbe stata più Ariadna stessa, dilaniata e sbranata dal Minotauro.
Teseo, l’amore, l’illusione, il dolore, l’abbandono, la vita e la morte, la conoscenza del suo mondo interiore, l’amicizia con la paura, la compagnia dell’angoscia, che senso aveva piangere e rinnegare tutto ciò? Era l’unica vita che aveva potuto vivere, ed era molto più di quanto avevano avuto quei ragazzi e quelle ragazze che per anni e anni erano finiti nel labirinto.

Eppure la povertà e la solitudine erano proprio dure. Più che altro, dover badare sempre a se stessa da sola. Ariadna si faceva coraggio, ci provava in tutti i modi, ma a volte si chiedeva se non dovesse ascoltare anche quella paura, la paura di morire da sola, in quell’isola lontana, senza che nessuno portasse la notizia ai genitori, la paura di morire di stenti, di freddo, di inedia. Ci pensava soprattutto nelle sere d’inverno, quando cercava di accendere il fuoco, con la legna sempre troppo bagnata perché le fosse di qualche aiuto nei suoi sforzi. Di solito la raccoglieva così, bagnata dalla pioggia, sepolta sotto mucchi di foglie umide. A volte si bagnava per le sue lacrime, mentre piangeva e piangeva e batteva i denti.
Stanca di combattere contro la natura, la fame e se stessa, una notte particolarmente fredda Ariadna scese sulla spiaggia e guardò il mare in tempesta.
Prima o poi tornerò a casa, si promise, ce la farò.
Ma il giorno dopo il mare si calmò, era una magnifica distesa argentata che si increspava pigramente e veniva a dare bacini gelati e frizzanti ai piedi nudi di Ariadna, incantata e innamorata della sua isola, e dimentica di ogni Saudade di casa.
In giornate come questa spesso qualche vagabondo di mare si spingeva fino all’isola per fare scorta di certi frutti prelibati che vi crescevano, e Ariadna a seconda dell’umore accompagnava gli sconosciuti fino agli alberi nascosti nel fitto della vegetazione e li avvertiva del pericolo dei lupi, oppure si negava a condividerli con chicchesia, improvvisamente gelosa, gelosa di se stessa, dell’isola e dei frutti meravigliosi che essa nascondeva. Allora raccontava loro che erano frutti velenosi, di quei frutti che ti fanno perdere la ragione dopo essersene cibati, e i vagabondi desistevano. Ogni tanto l’aveva colta l’impulso di mandare quegli uomini dritti tra le fauci dei lupi, ma davvero non era il tipo.

E un giorno, dal nulla, venne fuori un vagabondo diverso da tutti gli altri. Ariadna, che negli ultimi tempi mandava via tutti gli altri inventando storie sempre più fantasiose sui frutti, fu invece lieta di offrirglieli. E fu lieta soprattutto che lo sconosciuto tornasse ancora per coglierne.
Tornò anche quando il mare era in burrasca, sembrava che niente potesse tenerlo lontano da Nasso, da Ariadna e dai suoi frutti meravigliosi, e per ricambiare le offrì i suoi: si trattava di un’uva deliziosa, che produceva del vino inebriante e irresistibile, e allora il vagabondo cessò di essere uno sconosciuto per Ariadna e si rivelò in tutto il suo splendore terribile e divino, si rivelò come Dioniso.
Ma allora, si disse ubriaca di felicità la fanciulla, è proprio vero che per ogni Ariadna e per ogni Nasso c’è un Dioniso meraviglioso e seducente, pronto a offrirle il vino dell’allegria, della spensieratezza, il vino della condivisione?
Ariadna si sentiva pronta, dopo anni di solitudine e di conoscenza di se stessa, ad accettare quel vino della condivisione. Dioniso le diceva di amare in lei tante cose, la capacità di cavarsela da sola e al tempo stesso lo sguardo da bambina stanca e ferita.
Ariadna gli confidò l’antico sogno di tornare a casa, e Dioniso si disse pronto a sostenerla. Insieme la vita sarebbe stata meravigliosa. Partirono dunque insieme per Creta e poi, portando Nasso e la meravigliosa esperienza che aveva significato sempre dentro di loro, avrebbero cercato un’isola più grande, un’isola per due.
Difficile dare conto di cosa successe dopo quella decisione. Dioniso, ad esempio, essendo un dio e potendo alterare la realtà a sua convenienza, rettificò che quella non era stata una sua co-decisione, ma un vaneggiamento di Ariadna.
La ragazza, offesa e delusa, iniziò a incalzare il suo dio ricordandogli le promesse fatte, ottenendo come unico risultato il continuo cambiamento della realtà da parte di lui, e la conseguente perdita di punti di riferimento di lei, che quasi impazzì per stare dietro ai desideri e ai cambi di idea di Dioniso.
Ogni qualvolta lei lo metteva alle strette ricordandogli che quelli erano i loro progetti, i sogni di entrambi, che non si era inventata niente, e che aveva lasciato Nasso non certamente PER lui, ma CON lui, e che si aspettava supporto e coerenza da parte sua nel pianificare il da farsi, ecco che lui provvedeva coi suoi poteri sovrannaturali a stravolgere i fatti e a farla sentire un po’ ridicola, una povera piccola mortale isterica ed esaurita.

Guarda cara, le disse lui, mi sa che ci eravamo capiti male, io sono un dio, sono nato dalla coscia di Zeus, io, il tuo piccolo mondo non lo capisco. Se vuoi berti un bicchiere di vino va bene, ma adesso abbassa la voce, spostati un po’, torna sulla tua isola, volevi tornare a casa be’ torna a casa, insomma fai quello che vuoi ma soprattutto levati un po’ dalle palle che fra un po’ parte il Baccanale e io sono ancora qua a discutere con te.

Ariadna era sconcertata. Era questo il suo dio meraviglioso, che l’aveva amata per la sua forza e la sua fragilità? L’angoscia che provava adesso non era un’angoscia amica, consigliera, era più simile alla perdita di una parte di se stessa. Neanche a Nasso, da sola, si era mai sentita così.
Si sentiva ancora forte, certo, ma profondamente ferita dal fatto che il suo Dioniso le rimproverasse mancanza di indipendenza, autonomia, equilibrio, carattere. Proprio a lei, che aveva resistito a Nasso, era scappata dai lupi, aveva sgamato i pirati, si era messa in discussione offrendogli i suoi frutti e bevendo il suo vino… no, non sono pazza, si diceva, è lui che sta cambiando la realtà a ogni mia dimostrazione di evidenza, è lui che non vuole ammettere “sono venuto sulla tua isola perché volevo mangiare i tuoi frutti, qualsiasi altra cosa non mi interessava”.
E una notte, una notte caldissima che le faceva rimpiangere il freddo pungente della solitudine di Nasso, Ariadna si tirò a sedere sul letto e osservò, nell’oscurità vicino a lei, il profilo addormentato del proprio compagno che da tanto tempo ormai sentiva così ostile. Di colpo, ricordò.
Io sono atea.
Accese la luce, e quello che vide le fece ricordare quanto le aveva raccontato tempo prima la sua amica Psiche.
Quale dio, quale meraviglia sovrannaturale, quale dono del destino. Accanto a lei vedeva un uomo, un povero diavolo anzi, forse più superbo ed egocentrico degli altri, forse odiosamente arrogante, prepotente, soprattutto un grande bugiardo, e un grande bluff, ma in sostanza un uomo, e neanche tanto speciale. Un uomo medio.
Ariadna era venuta a vedere il bluff, meglio così. Ci aveva creduto, perché ci aveva voluto credere, e perché così doveva essere. Ora, al posto del dio dell’ebbrezza, dell’allegria, della lietezza, riconosceva un ubriacone, uno sbruffone, un irresponsabile.
Continuava a pensare al suo equilibrio, alle accuse di lui. A volte si vedono i propri difetti e le proprie frustrazioni riflessi negli altri. Capita soprattutto a chi si crede un dio.
Chissà quali esperienze e quali traumi aveva avuto, povero dio detronizzato, per convincerla ad amarlo, confonderla con i suoi continui cambi di scenario, e accusarla infine di non avere il proprio equilibrio.

Nulla sappiamo di Ariadna dopo quella notte, se non che non vide mai più il suo Dioniso.
Ci piace pensare, però, che abbia chiuso con le isole, e che abbia preso il largo, magari scendendo a patti con i pirati, magari imponendosi su di essi, magari semplicemente godendosi il viaggio.

giovedì 24 novembre 2011

non sono brava con la frustrazione

il mal di testa topico, la mia cura

è tornata a visitarmi l'emicrania, l'insonnia e un paio di sindromi di vecchia data.

proprio ora che ho mille cose da fare e mi devo dare una mossa, proprio ora che gira bene...

non basta la mia atavica accidia? ci si deve mettere pure la sfiga a ostacolarmi ogni progetto?

comunque, mal di testa o no, sto organizzando la libreria (appena montata!) per casa editrice, il mio ideale. che soddisfazione.

mi sa che mando una foto all'Einaudi, il loro scaffale è il più bello.

domenica 20 novembre 2011

...

Ah, è un inferno essere amati da chi non ama né la felicità, né la vita, né se stesso, ma soltanto te.

Elsa Morante, L'isola di Arturo.

mercoledì 16 novembre 2011

brutti momenti


palloncini, pesciolini, frittatine, mandarini, tutti a nanna. abbiamo solo giocato. la vida es sueño.
domani ti svegli, e sei morta. e continuerai a sognare IERI.

sabato 12 novembre 2011

mumble mumble

"Se l'Italia non fosse nell'euro..."


http://infotricksblog.blogspot.com/2011/11/se-litalia-non-fosse-nelleuro.html

di: Enrico Piovesana


Il giornalista economico britannico Ambrose Evans-Pritchard, responsabile della sezione economica internazionale del Telegraph, ha scritto pochi giorni fa in un suo articolo:
“Lasciatemi aggiungere che l’Italia non è fondamentalmente insolvente. È in questi pasticci perché non ha un prestatore di ultima istanza, una banca centrale sovrana o una moneta sovrana. La struttura dell’euro ha trasformato uno stato solvente in uno insolvente. Ha invertito l’alchimia”.

Affermazioni degne di nota che Peacereporter ha chiesto a Evans-Pritchard di spiegare.

Fondamentalmente la posizione debitoria italiana è solida - ci ha detto il giornalista britannico al telefono - perché non esiste solo il rapporto debito pubblico/Pil stabilito dal Trattato di Maastricht.

Se tra i criteri di sostenibilità di un economia si considera anche il debito privato, l’Italia risulta uno dei Paesi più stabili d’Europa. L’indebitamento delle famiglie italiane e delle società non finanziarie italiane è il più basso d’Europa (42 per cento del Pil, contro il 103 britannico, l’84 spagnolo, il 63 tedesco e il 51 francese, ndr) e ciò rende il debito aggregato italiano (pubblico più privato) inferiore a quello di Gran Bretagna, Spagna e Francia, e analogo a quello della Germania.

Inoltre lo Stato italiano è uno dei pochi al mondo ad avere un avanzo primario, ovvero a incassare più di quello che spende, al netto degli interessi che paga sul debito pubblico.

Considerate queste condizioni, se il vostro Paese non fosse entrato nell’euro e aveste quindi una banca centrale sovrana in grado di attuare una politica monetaria autonoma espansiva a sostegno dello sviluppo la situazione dell’Italia sarebbe molto migliore. Ovviamente stiamo parlando in linea puramente teorica, perché ormai che siete dentro non potete uscirne: sarebbe una catastrofe per voi e per l’Europa in generale.

Il problema è che la direzione in cui stiamo andando è proprio questa, perché la politica economia della Bce produce risultati nefasti.

La politica monetaria restrittiva della Bce, che anche in questi ultimi anni di piena recessione ha pedissequamente osservato il suo dovere statutario di tenere bassa l’inflazione tenendo alto il costo del denaro, ha ristretto il credito e di conseguenza ha rallentato la crescita di tutta l’Europa. E ora pretende di salvare Paesi in recessione come Grecia e Italia imponendo loro riduzioni salariali e tagli occupazionali che bloccheranno crescita e sviluppo.Incompetenza, per non dire di peggio.

A questo si sommano la pericolosità politica dell’azione della Bce, che impone i suoi diktat in maniera arrogante e offensiva della sovranità nazionale. Si pensi al piano per la Grecia che prevede l’apertura ad Atene di uffici europei permanenti per monitorare l’applicazione di queste misure, come una sorta di viceré europeo.

42 galloni di depressione


Every woman adores a Fascist.

Sylvia Plath

è stato facile, amarsi è facile.


"sono io la figlia del dottore amica delle tre civette,
guarda: c'è un comò!!!!!!!".












D. Silvestri, Amarsi cantando.

mannaggia

stamattina mentre ero in dormiveglia ho scritto un articolo bellissimo, che si intitolava tipo la complottista qualche cosa, ma nn me lo ricordo più, e neanche di cosa parlasse.

credo ci entrasse la Grecia, l'euro, Monti, la precarietà, qualcosa di clichè.

giovedì 10 novembre 2011

71 schiavi che lavorano per me.


vai sul sito http://slaveryfootprint.org/survey/#where_do_you_live e scopri quanti schiavi fanno sì che tu possa indossare la tua maglietta di cotone o il tuo anello d'oro o calciare un pallone di cuoio.
quanto costa il nostro benessere in termini di sfruttamento di vite umane?
qual è la nostra personale impronta di schiavitù?

lunedì 7 novembre 2011

tu chiamale se vuoi frittatine


"Dopo di che si fece molto tardi, dovevamo scappare tutti e due. Ma era stato grandioso rivedere Annie, no? Mi resi conto che donna fantastica era e di quanto fosse divertente solo conoscerla. E io pensai a... quella vecchia barzelletta, sapete... Quella dove uno va dallo psichiatra e dice: "Dottore mio fratello è pazzo, crede di essere una gallina", e il dottore gli dice: "perché non lo interna?", e quello risponde: "e poi a me le uova chi me le fa?". Be', credo che corrisponda molto a quello che penso io dei rapporti uomo-donna. E cioè che sono assolutamente irrazionali, ehm... e pazzi. E assurdi, e... Ma credo che continuino perché la maggior parte di noi ha bisogno di uova."

Woody Allen, Io e Annie



mercoledì 2 novembre 2011

diluvi



noi splenderemo insieme!!!!!!!!!!!

sabato 29 ottobre 2011

tutto questo cercare

io mi ricordo persino la canzone che c'era, entrando in pizzeria, il 20 dicembre 2009.....






Se penso al mondo come a un’ armonia
tutto è giusto sia così
Se ogni strada è la strada mia
e il mio posto è stare qui
L’odore del mare mi calmerà
la mia rabbia diventerà
amore, amore è l’unica per me
né dare né avere, la vita va da sé
né bene né male, intorno a me non c’è
né luna ne sole, è tutto nel mio cuore
tutto questo cercare che amore poi diventerà…
L’odore del mare mi calmerà,
la mia rabbia diventerà
amore, amore e mi sorriderà
un giorno normale illuminerà
né falso né vero, intorno a me non c’è
né bianco né nero, è tutto nel mio cuore
e tutto questo cambiare che amore poi diventerà.
Penso a quanta gente c’è, quante stelle di città
che in questo istante proprio come me
vivono l’immensità.
L’odore del mare mi calmerà,
la mia rabbia diventerà
amore, amore è l’unica per me
né avere né dare, la vita va’ da se
né falso né vero intorno a me non c’è
né terra né cielo, è tutto nel mio cuore
e tutto questo girare che amore poi diventerà.



lunedì 24 ottobre 2011

la mia inquietudine

Uma língua é o lugar donde se vê o Mundo e em que
se traçam os limites do nosso pensar e sentir. Da minha
língua vê-se o mar. Da minha língua ouve-se o seu rumor,
como da de outros se ouvirá o da floresta ou o silêncio do
deserto. Por isso a voz do mar foi a da nossa inquietação.

Vergilio Ferreira

venerdì 21 ottobre 2011

como monos


no quiero ver, no quiero escuchar, no quiero hablar, yo lo que quiero es....

sabato 15 ottobre 2011

spiegazioni logiche.


probabilmente, in un punto imprecisato della mia vita, ho interrotto una catena di sant'antonio.

venerdì 14 ottobre 2011

corsi e ricorsi di una bambina disadattata.


la infancia es el lugar.........


e io invece di crescere, definitivamente, mi ci trasferisco di nuovo.
un momento, però, non era questo il mio progetto. non era questa l'idea, io lo so bene, devo trovare la forza e la capacità di sopportare la verità.

le mie scarpette rosse, quelle fatte di stracci ma fatte con le mie mani, sono state bruciate nel fuoco senza rispetto per me, per chi sono veramente, per quello che voglio dalla vita e per come voglio viverla.

http://www.ilnarrastorie.it/Andersen/Scarpette.rosse544.html



"Quando si lotta per qualcosa di importante bisogna circondarsi di persone che sostengono il nostro lavoro. È una trappola e un veleno avere intorno persone che hanno le nostre stesse ferite ma non il desiderio vero di guarirle."
Clarissa Pinkola Estès, Donne che corrono coi lupi.

giovedì 13 ottobre 2011

oh dei


Anch’io così, se egual destino m’è preparato, giaccerà morto, ma adesso voglio aver nobil gloria.


Omero, Iliade

così mi hanno detto


IL SOLE SI FONDE

(Paul Eluard)

mercoledì 12 ottobre 2011

se lo dico io non mi credete.




La vida empieza en lágrimas y caca,

luego viene la «mu», con «mama» y «coco»;
síguense las viruelas, baba y moco,
y luego llega el trompo y la matraca.

En creciendo, la amiga y la sonsaca
(con ella embiste el apetito loco).
En subiendo a mancebo, todo es poco,
y después la intención peca en bellaca.

Llega a ser hombre y todo lo trabuca:
soltero sigue toda perendeca,
casado se convierte en mala cuca.

Viejo encanece, arrúgase y seca;
llega la muerte, todo lo bazuca,
y lo que deja paga, y lo que peca.


Francisco de Quevedo

Equipariamo la speculazione all’omicidio

di Jacopo Fo, Il Fatto quotidiano, 8 ottobre 2011

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/08/equipariamo-la-speculazione-allomicidio/162868/


Gente che guadagna un miliardo in un’ora… E negli ospedali greci mancano le medicine. Scommettere sul crollo conviene.

A scuola non ti spiegano come funziona la finanza. Se lo facessero avremmo già le barricate per strada. Se la gente sapesse come funziona il sistema comprenderebbe anche che è naturalmente indirizzato a creare crolli economici, semplicemente perché quando si scatena il caos e la bancarotta gli speculatori guadagnano di più. E’ una caratteristica fisiologica del sistema. E’ più facile scatenare una crisi di panico che una crisi di ottimismo. Questo è essenzialmente il motivo per il quale la finanza mondiale e nello sterco fino al collo.

In questo momento l’umanità sta permettendo che un esercito di persone senza scrupoli, guadagni cifre colossali di denaro distruggendo la vita di milioni di persone. O si regolamenta il sistema finanziario, si chiudono con l’aviazione i paradisi fiscali e si demolisce il segreto bancario, oppure col cavolo che si esce da questa crisi. Anche dopo il disastro finanziario del 1929 si arrivò alla conclusione che erano necessarie regole. Poi i controlli negli anni ’80 furono gettati al cesso.

In questo momento da Madrid a Milano e a New York masse crescenti di persone stanno scendendo in piazza. Chiedono come sia possibile che milioni di persone si trovino rovinate mentre i dirigenti delle grandi banche che hanno causato il disastro e che sono state poi salvate con i soldi pubblici, si distribuiscano premi di miliardi di euro. Come è possibile che banche che hanno prestato denaro a governi che non potevano pagare, pretendano oggi che i cittadini paghino i danni?

Gli islandesi hanno fatto una pernacchia a questo meccanismo perverso e hanno detto alle banche che pretendevano decine di migliaia di euro da ogni islandese di attaccarsi al tram: “Sapevate che l’Islanda era sull’orlo del fallimento e avete continuato a prestare denaro a un governo corrotto e incapace. Voi siete complici! Non è colpa nostra se avete finanziato dei dementi. Se volete indietro i vostri soldi fate causa ai ministri, non venite a prendervela con noi…“

Si tratta di rovesciare un paradigma. Non so se è una battaglia che potremo vincere, ma se ci sarà una grande reazione popolare dura e pacifica, abbiamo quanto meno la possibilità di temperare le pretese delle banche e di cambiare le regole del gioco trasformando in un reato grave la speculazione finanziaria selvaggia.

Ma per capire perché questa battaglia è così importante è necessario rendersi conto di dove sta il trucco perverso e intrinsecamente amorale e illegale. La borsa è molto più complicata da capire di una pistola, ma gli effetti possono essere gli stessi. Quel che sta distruggendo le economie di interi popoli è la possibilità di scommettere sulle borse, che è cosa ben diversa dall’investire in borsa.

Una volta io potevo solo comprare le azioni della Fiat e sperare che il loro valore aumentasse. Un meccanismo elementare che permetteva alle aziende di finanziare il proprio sviluppo… Poi la questione si complicò quando si iniziarono a vendere opzioni sui prodotti agricoli. I produttori di arance vendevano in anticipo prenotazioni sui raccolti, con le quali si fissava il costo di vendita a raccolto avvenuto. Magari avevano paura che ci fossero raccolti troppo abbondanti e che questo provocasse il crollo del prezzo delle arance. Emettevano quindi future garantendosi così prezzi di vendita mediamente più bassi ma sicuri.

Nacque poi un prodotto finanziario completamente diverso, che permette di giocare in borsa senza comprare azioni od opzioni, ma scommettendo solo sulla differenza tra il prezzo delle arance di oggi e quello delle arance tra 3 mesi. Mi gioco quindi non il valore di un quintale di arance ma i 10 euro di differenza ipotetica tra il prezzo di oggi e quello futuro.

Infine posso anche rivendere quote di un debito. Siccome ho paura che la Grecia fallisca, ti rivendo delle quote di questo debito, proponendoti un interesse alto, visto che comprandole ti esponi al rischio che la Grecia non ripaghi il debito. E posso contemporaneamente scommettere che il valore delle azioni che ho emesso crollerà (del che son certo perché la polpetta avvelenata l’ho cucinata io).

Tutto questo complicatissimo gioco di scommesse e coperture di scommesse è poi diventato una specie di Golem con l’avvento dei computer grazie ai quali posso comprare o vendere su tutte le piazze del mondo alla velocità della luce e mantenere l’anonimato utilizzando società domiciliate nei paradisi fiscali… e scatenare il panico tra milioni di piccoli risparmiatori che se ne stanno in pantofole di fronte a un pc creando graziosi effetti valanga.

Già la situazione sarebbe pericolosa, ma va aggiunta la progressiva demolizione dei controlli sulla finanza, che è stata perseguita dai governi di mezzo mondo (da Reagan in poi). Se non c’è più nessuno che controlla che il denaro venga prestato a persone che possono restituirlo, posso guadagnare moltissimo stipulando mutui inaffidabili e poi rivendere il rischio che mi sono accollato a ignari risparmiatori.

Vuoi che tutto questo finisca? Indignati!

lunedì 3 ottobre 2011

a spalle nude, senza pesi.

non è bello ciò che è bello....

Non è bello quando un uomo serve solo da piedistallo al suo cazzo.


Julija Voznesenskaja, Il Decamerone delle donne, 1987



sabato 1 ottobre 2011

un ricordo in dissolvenza/el perro del hortelano

il processo di elaborazione consiste nel cercare NON di trattenere a tutti i costi, e attaccarsi morbosamente a ciò che è stato e non è più....
ma, al contrario, nel riuscire a lasciare andare..... lasciare scivolare....
smetterla di concentrarsi sui ricordi belli del passato e accettare che possano sfumare, e andare via in dissolvenza.....




se c'è una cosa, però, che fa ancora più male del cercare di lasciare andare via l'amore, è il comportamento ambiguo di chi fa come "el perro del hortelano", il famoso cane che "ni come ni deja comer".....

il Terranova, il divano Chesterfield......

... la libreria su misura, i libri antichi, la cucina in muratura, la casa sull'albero, le domeniche a letto, la colazione insieme, il pranzo alle 5, il cinema all'aperto, i soldi risparmiati per prendere il treno, gli aerei presi col batticuore, il cuore, si, il cuore sempre in gola, che scoppia di emozione....

non c'è una logica, per quanto mi sforzi, devo razionalizzare che questa cosa sfugge a ogni razionalizzazione.

mi piace questo gioco

e mi fa bene. perciò:

sofferenza gratuita, delusione, speranza, suicidio, domani è un altro giorno, pezzo di merda, non è colpa di nessuno, non è questione di colpe, ti invito a stare tranquilla, mi hai stracacato la minchia, senza giri di parole ti amo, sei pregata di non prendere più l'argomento, girati, orgasmo, merda, puzza, dimenticanze, telefonata, bacio, progetti, cazziata, dimenticanza, scoglionamento, sesso, pensieri problemi desideri illusioni, treno, caldo, sporcizia, stanchezza, cuscini, soldi, soldi, soldi, soldi, soldi, o meglio zero soldi, conti, debiti, sensi di colpa, progetti, paure, speranze, illusioni, euforia, depressione camuffata da euforia, lavoro, umiliazione, crisi di panico, inadeguatezza, angoscia, pessimismo, andara a cacare, sopportazione, rassegnazione, frustrazione, disperazione, assurdità, ridicolo, confusione, crisi, chiarezza, consapevolezza, forza interiore, vagina consolatrice, abbraccio, mi dispiace, bla bla bla, lavoro, amicizia, rapporti civili, ti voglio bene, felicità, felicità, che diritto abbiamo noi alla felicità, business plan, bugie falsità illusione voglia di un abbraccio, sentirsi sradicata da tutto e da tutti, trovarsi sola e sentirsi respinta.
non c'è niente che io possa fare se non contare su me stessa.

pensieri e parole, voilà

Empatia, solitudine, egoismo, individualismo, vagina consolatrice, falsità, bugie, fuga dalla realtà, maschera, merda, solitudine (l’ho detta?), insofferenza, intolleranza, bidet, puzza, sporcizia, orgasmo, vani tentativi, insofferenza (l’ho detta?), disattenzione, ancora disattenzione, tanta disattenzione, lontananza, la madre di Andrea che è una troia e se la prendo le spacco il culo.

mercoledì 28 settembre 2011

non finisce così




Tu che sei lontana ormai
io che dormo poco e percio’
stasera faccio tardi
e penso che ti scrivero’…

Solamente chi non ha luce
per vedere non puo’
Ma in fondo tu lo sai
tutto puo cambiare pero’…

Quando finisce cosi’
non finisce cosi’
Quando finisce cosi’
rimane tutto cosi’

Vorrei scriverti
forse addio per sempre
o forse torna presto qui

Una notte se ne va
Lenta quando ha perso la via

E bevo il mio rimpianto
e fumo la mia nostalgia
E potrei uscire un po’
tanto va a finire che poi
mi sento piu’ solo e parlo sempre di noi…

Quando finisce cosi’
non finisce cosi’
Quando finisce cosi’
rimane tutto cosi’

Vorrei scriverti
forse addio per sempre
o fose torna presto qui

E mi chiedo ancora se tu
resti fuori con la luna
o ti senti sola se finisce cosi…

Vorrei scriverti
forse addio per sempre
o forse torna presto qui...

Quando finisce cosi....


Tu che sei lontana ormai
io che dormo poco e percio’
stasera faccio tardi
e penso che ti scrivero’…

Solamente chi non ha luce
per vedere non puo’
Ma in fondo tu lo sai
tutto puo cambiare pero’…

Quando finisce cosi’
non finisce cosi’
Quando finisce cosi’
rimane tutto cosi’

Vorrei scriverti
forse addio per sempre
o forse torna presto qui

Una notte se ne va
Lenta quando ha perso la via

E bevo il mio rimpianto
e fumo la mia nostalgia
E potrei uscire un po’
tanto va a finire che poi
mi sento piu’ solo e parlo sempre di noi…

Quando finisce cosi’
non finisce cosi’
Quando finisce cosi’
rimane tutto cosi’

Vorrei scriverti
forse addio per sempre
o fose torna presto qui

E mi chiedo ancora se tu
resti fuori con la luna
o ti senti sola se finisce cosi…

Vorrei scriverti
forse addio per sempre
o forse torna presto qui...

Quando finisce cosi....

martedì 27 settembre 2011

il caso non esiste

Rafael Santandreu, psicólogo clínico

"Quejarse es la mejor forma de arruinar una relación"

http://www.lavanguardia.com/lacontra/20110920/54218732398/quejarse-es-la-mejor-forma-de-arruinar-una-relacion.html
Basta de dramatizar?
Sí, basta de terribilitis, porque la mayor parte de los trastornos emocionales (depresión, ansiedad, estrés...) son el resultado de esa tendencia a calificar de terribles cosas que no lo son.
Exageramos.
Anticipamos las desgracias y nos tomamos a la tremenda adversidades con las que deberíamos contar. Los seres humanos tenemos unas 20.000 pequeñas adversidades a lo largo de la vida (te tuerces el tobillo, pierdes las llaves, te roban...).
Al mal tiempo buena cara.
O aceptas la realidad y dejas de exigirle a la vida, o te conviertes en un cascarrabias. Imaginarse muerto es una buena medida preventiva de las ansiedades cotidianas. Dígame, en esta vida tan corta y de la que desconocemos su sentido, ¿es tan importante esta desgracia que le está ocurriendo?
Hay que ver las cosas con perspectiva.
Hay que ser realista, con eso basta. Estamos llenos de creencias irracionales del tipo: "Si me despiden, es el acabose". El "debo hacerlo todo bien", "deberían tratarme con consideración y justicia" y "las cosas me deben ser favorables" son exigencias infantiles. La persona madura es la que no exige, sino que prefiere: "Me gustaría hacerlo todo bien, pero no lo necesito para disfrutar del día".
Un matiz importante.
Las personas vulnerables emocionalmente están llenas de exigencias, y cuando estas no se cumplen se enfadan con ellas mismas, con el mundo o con los otros.
¿De dónde surgen esas creencias?
Se transmiten socialmente, son mensajes que nos convierten en débiles y neuróticos. Yo he elaborado una lista de las diez creencias irracionales favoritas de los españoles.
A saber...
Necesito tener a mi lado alguien que me ame; de lo contrario, ¡qué vida más triste! Tengo que ser alguien en la vida. No puedo tolerar que la gente me menosprecie. Debo tener un piso en propiedad o soy un fracasado. Tener buena salud es fundamental para ser feliz. Si mi pareja me pone los cuernos, no puedo continuar con ella.
...
Tengo que tener una vida emocionante, de lo contrario mi vida es un desperdicio. Más siempre es mejor. La soledad es muy mala...
Qué agobio, sí.
La necesititis es devastadora y nociva para la salud mental. No es cierto que para ser felices necesitemos amor sentimental, éxito, hijos, no tener problemas... Si mantenemos estos deseos en el límite de las preferencias, nuestra mente estará sana.
¿Sanos, solos y aburridos?
¿Por qué no? Tener pareja y lo demás no producen tanta plenitud como puede parecer; si no, las consultas de los psicólogos no estarían llenas. No hay que exigir tanto a la vida, a los demás, ni a uno mismo.
¿Es usted un pasota?
Para nada. Me ocupo, pero no me preocupo de las cosas. El mito de la bondad de la preocupación que nos inculcan desde pequeños es absurdo y nocivo.
Pero si esas creencias son irracionales, ¿cómo poner razón en ellas?
Hay que revisar a diario cómo pensamos, detectarlas, combatirlas con argumentos y desarrollar nuevas creencias racionales. Una de las mayores causas de estrés es el miedo a hablar en público.
Nos afecta lo que piensen de nosotros.
Nos liberamos de la necesidad de aprobación de los demás cuando comprendemos que estar abajo no es ningún problema. Al contrario, ser capaz de estar abajo con orgullo y de buen humor te hace superior y te permite disfrutar más de la vida. Como todos los miedos, la vergüenza y el temor a hacer el ridículo se vencen pensando bien, no enfrentándonos a ellos.
Hay que tolerar la frustración.
No siempre conseguiremos nuestros deseos, pero no pasa nada: la vida sigue siendo bella. Eso es ser realista. La eficacia está sobrevalorada: todo lo que perdemos con los errores que cometemos, por ejemplo en nuestro trabajo, es obviable, pero no lo es la paz interior que perdemos obsesionándonos con la perfección. La felicidad no depende de logros o situaciones ideales, sino de nuestra salud mental.
Amores y desamores son termómetro de nuestro bienestar.
Uno está preparado para tener pareja cuando puede decirle: "Cariño, te quiero mucho, pero no te necesito nada". Las exigencias y tensiones que causa el amor dependiente, ese que nos trasmiten continuamente a través del cine o la música ("Sin ti yo muero"), es un mensaje neurótico.
...
Creer que tu pareja tiene que hacerte feliz es mucho exigir y te amargará cada vez que algo falle. Yo creo que si Romeo y Julieta se hubieran casado, su matrimonio no habría durado más de un año.
¿Mejor sugerir que exigir?
Pruébelo, el "me gustaría que..., pero si no lo haces te querré igual" da unos resultados fantásticos. Nunca exija nada a su pareja.
Nadie es perfecto.
La clave de las buenas relaciones es pedir a cada cual lo que puede dar. Aceptar incondicionalmente a los demás es la manera de aceptarnos del mismo modo a nosotros mismos. Quejarse es la mejor forma de arruinar una relación. Y no se cree obligaciones, las cosas hay que hacerlas por disfrute.

martedì 13 settembre 2011

entender, intentar

Yo, la verdad, lo siento mucho pero no me quiero traicionar a mí misma porque no me entienden, porque no me quieren, por lo que sea.
Por mucho que me duela, yo me quito la mochila y siguo con mi sueños, con mi mundo, con mis ideas, y ya no duele demasiado.
Pero lo he intentado.

mercoledì 31 agosto 2011

vacanze 2011


in 2 si sta benone, ma in 4 si sta meglio!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

giovedì 4 agosto 2011

i mari del Sud

Soltanto i giovani hanno momenti simili. Non sto parlando dei giovanissimi. No. I giovanissimi, in effetti, non

hanno momenti. È il privilegio della prima giovinezza di vivere in anticipo sui propri giorni, in quella bella continuità di

una speranza che non conosce né pause né introspezione.

Ci si chiude alle spalle il piccolo cancello della fanciullezza e si entra in un giardino incantato, dove anche le

ombre splendono di promesse e ogni svolta del sentiero ha una sua seduzione. Non perché sia una terra inesplorata. Si

sa bene che tutta l'umanità è passata per quella stessa strada. È il fascino dell'esperienza universale da cui ci si aspetta

una sensazione non comune o personale: un pezzetto di se stessi.

Riconoscendo le orme di chi ci ha preceduto, si va avanti, eccitati e divertiti, accogliendo insieme la buona e la

cattiva sorte - le rose e le spine, come si suol dire - il variegato destino comune che ha in serbo tante possibilità per chi

le merita o, forse, per chi ha fortuna. Già. Si va avanti. E il tempo, anche lui va avanti; finché dinnanzi si scorge una

linea d'ombra che ci avvisa che anche la regione della prima giovinezza deve essere lasciata indietro.

Questo è il periodo della vita in cui è probabile che arrivino i momenti di cui ho parlato. Quali momenti?

Momenti di noia, ecco, di stanchezza, di insoddisfazione. Momenti precipitosi. Parlo di quei momenti in cui chi è

ancora giovane è portato a compiere atti avventati, come sposarsi all'improvviso, o abbandonare un lavoro senza motivo

alcuno.

La linea d'ombra - J. Conrad


martedì 2 agosto 2011

cercando di venirne fuori

sniff


Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse come la mia ombra
mi stava accanto anche nel buio
non dico che fosse come le mie mani e i miei piedi
quando si dorme si perdono le mani e i piedi
io non perdevo la nostalgia nemmeno durante il sonno

durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse fame o sete o desiderio
del fresco nell'afa o del caldo nel gelo
era qualcosa che non può giungere a sazietà
non era gioia o tristezza non era legata
alle città alle nuvole alle canzoni ai ricordi
era in me e fuori di me.

Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
e del viaggio non mi resta nulla se non quella nostalgia.

Nazim Hikmet

sabato 30 luglio 2011

ma che, parlo arabo?

Difendere l’identità nazionale, la lingua,il dialetto, le tradizioni.


Cosa vogliono questi immigrati con i loro kebab, tanto in auge nelle nostre strade?
Noi difendiamo i nostri buoni prodotti italiani, arance e limoni, albicocche e carciofi nati sotto il nostro bel cielo azzurro: vogliamo rinunciare forse al nostro milanesissimo risotto allo zafferano?
Non siamo razzisti: e se gli immigrati vengono qui solo per lavorare, per fare i facchini in un magazzino per esempio… niente in contrario. Possono anche vestirsi a modo loro, con le loro giubbe

ricamate e colorate, rosso scarlatto o cremisi, chi dice niente? Non siamo mica aguzzini.
Ma loro si trasformano subito in assassini della nostra lingua e della nostra cultura! Per questo dobbiamo bloccarli alla dogana!
Noi non vogliamo rinunciare alle nostre tradizioni, a una buona tazza di caffè, bevuta possibilmente stando sdraiati su un comodo materasso (e magari in un letto col baldacchino). Questi qua non bevono nemmeno alcol! Dobbiamo forse rinunciare a una bella caraffa di vino, che per noi è un elisir di lunga vita?
Ah che tempi meschini! Non siamo lo zerbino di questa gente che vuole tenerci in scacco!
Scusate l’azzardo: ma ormai qui ci sono immigrati a bizzeffe, cifre con molti zeri! Se continua così fra poco parleremo tutti arabo!

tratto da www.scudit.net

sogni&cappelle

domenica 24 luglio 2011

ragazzaccia



ti adoro

sabato 23 luglio 2011

maratona&corsa a ostacoli


"anche il cammino più lungo inizia con il primo passo".c'è scritto sul magnete che è stato sul mio computer per qualche anno, scandendo il tempo della mia accidia durante il mio precedente lavoro precario (aggettivo pleonastico di questi tempi)in Findomestic.

io di primi passi ne ho fatti tanti, pensando sempre a questo motto, che ho fatto mio. ma mi rendo conto che per andare lontano non basta un passo solo, o due, o tre....ma c'è bisogno di perseveranza e impegno.

sembra la scoperta dell'acqua calda. si, la mia parte di colpa ce l'ho anch'io.

un altro motto dice " Se la pioggia non avesse una prima goccia, non esisterebbe. Ma se la prima goccia non avesse seguito, sarebbe uno sputo."

ecco, quante volte mi hanno sputato in testa e io ho pensato piovigginasse.

e ancora: "se vuoi arrivare primo corri da solo. se vuoi arrivare lontano cammina insieme".



saggezza kenyota. ancora una volta, sembra l'acqua calda, ma per me è stata una scoperta folgorante.



e tutti questi corridori solitari? cosa ne sarà di loro? dove staranno andando?

senza fiducia nelle loro risorse umane (brutta parola, in verità, la odio, dà l'idea di involucri da prosciugare, fiumi da sfruttare, flussi da convogliare), senza creare motivazione, senza dare la possibilità di coltivare la passione per quello che si fa, per quello che si è.

io cosa sono dopo il primo agosto, senza il mio lavoro? sono ancora un'insegnante? sono ancora Antonella?

sono quello che faccio e che trasmetto o sono me stessa al di là di questa roba piccola, fatta di plastica, sostituibile, intercambiabile, che mi riempie la vita?


IL VERO LUSSO, OGGI, E' ANDARE A DORMIRE LA DOMENICA SERA CON UNO STATO D'ANIMO CHE NON SIA DIAMETRALMENTE OPPOSTO A QUELLO DEL VENERDI'. IL VERO LUSSO E' UN LAVORO, E UN LAVORO CHE NON TI ALIENI.

venerdì 22 luglio 2011

roba piccola, fatta di plastica.


è difficile far quadrare i conti quando hai solo uscite, e mai entrate.
io ho provato in tutti i modi a scalare la marcia, a vivere in folle, ma l'unica è vendersi anche la macchina. in senso metaforico ma anche in senso letterale.

azzerare le spese, azzerare l'affitto, azzerare l'indipendenza, azzerare la vita, azzerare me stessa.
sapevo che sarebbe stata dura ma credevo che l'ondata di depressione si sarebbe abbattuta più tardi, in corso d'opera, non già adesso.....
e non so se sono più vigliacca ad andare o a restare....

mercoledì 13 luglio 2011

Libertà di culto...



http://www.corriere.it/cronache/11_luglio_13/scolapasta-in-testa-burchia_bdcd2f64-ad24-11e0-83b2-951b61194bdf.shtml

Scolapasta in testa sulla foto della patente
L'Austria dà il permesso al pastafariano

MILANO - La sua richiesta era sensata: che al pastafarianesimo fosse data la stessa importanza delle altre religioni. Lo «Spaghetto Volante», Dio dei pastafariani, la religione parodistica nata in Kansas sette anni fa come protesta all’insegnamento obbligatorio nelle scuole della teoria creazionista assieme a quella evoluzionistica, è diventato un simbolo di culto per gli ironici e miscredenti navigatori del web. In questi giorni l’ufficio dei trasporti di Vienna ha dato luce verde allo scolapasta come copricapo religioso su una foto della patente di guida. Un caso che fa sorridere, ma anche discutere.

LO SCOLAPASTA - Il protagonista della vicenda è un imprenditore e ateista convinto, Niko Alm. Tre anni fa il giovane austriaco aveva presentato la relativa istanza, che ora ha avuto l’ok (inaspettato) dai funzionari dell’ufficio trasporti della Bundespolizeidirektion di Vienna. Se viene accettato il copricapo tenuto per motivi religiosi sulle fototessere di documenti d’identità, di guida e passaporti - la motivazione di Alm - allora perchè non può valere lo stesso principio per i pastafariani, gli «adepti» del pastafarianesimo. La foto con lo scolapasta in testa è stata scattata dallo stesso Alm che a suo tempo l’aveva consegnata personalmente ad un funzionario dell’ufficio competente. «Anche in quel momento avevo lo scolapasta in testa, il funzionario non ha reagito, non ha detto nulla», ha spiegato il pastafariano austriaco al giornale Der Standard.

PASTAFARIANI - La via crucis per vedersi riconosciuta quella foto sul permesso di guida è iniziata nel 2008 con una richiesta all’ufficio di motorizzazione, racconta Alm sul suo blog. In un primo momento i funzionari gli avevano spiegato per telefono che quella immagine sulla patente di guida non era possibile. Alm ha dunque richiesto un parere scritto, che non è mai arrivato. E' stato invece invitato a recarsi dall’ufficiale sanitario. Questo ha dovuto appurare che l’uomo era «psicologicamente idoneo» a guidare una macchina. Dopo tre anni finalmente è arrivata la tanto attesa notifica: la patente poteva essere ritirata negli uffici. Ora Alm non vuole più fermarsi. Ha già annunciato di voler richiedere il riconoscimento del pastafarianesimo in Austria. Il pastafarianesimo, o «Flying Spaghetti Monster», è stato fondato nel 2005 dall’allora venticinquenne americano e laureato in fisica Bobby Henderson. Digitando «Flying Spaghetti Monster» sui motori di ricerca, appaiono circa 6 milioni risultati.

(Elmar Burchia)

lunedì 11 luglio 2011

Love&Squirrels

È una sensazione d'imparità
è uno strano tramestio
perdi la ragion, poi là per là
senti un gran scombussolio
È inutile resister
lei non ti molla più
continuerà ad insister
il suo "lui", ora sei tu.
È una dura collutazion
è di colpi senza esclusion
non c'è logica spiegazione
a una tal disturbazione
niente ti scompisciola ti scombuzza di più!
Ha! Ha! Ormai sei fritto, Semola!
Non c'è logica spiegazione
a una tal disturbazione
niente ti disgetola
ti scombuzzola
ti scompiffera
ti rimestola
ti scompisciola
ti scombuzza di più!

domenica 3 luglio 2011

lunedì 27 giugno 2011

dalla Smemoranda del '91.....


Ivan Della Mea

Cocolon


Ancora oggi il mondo dell'accademia linguistica è attraversato e travagliato da una disputa filologico-etimologica sul nome america.
La tesi storicamente più accreditata (mozione 1) - quella che vorrebbe far discendere il termine succitato da Amerigo Vespucci - è contrastata con dovizia d'argomenti da filologi, linguisti, semantici e semiologi che la reputano troppo meccanicistico deterministica e comunque inficiata dalla variazione della "g" in "c": perché, sostengono con buon diritto america e non ameriga?; perché, chiedono ai luminari sostenitori della mozione 1, chiamare america tutto un continente peraltro scoperto da Cristoforo Colombo e che quindi avrebbe dovuto chiamarsi Colombia (nell'accezione italiana) o Colonia (in quella spagnola?).
Padre Girolamo Tangheri, salesiano bolognese, tra i primi esploratori delle lande fuegine (Terra del Fuoco) dove andò per portare il verbo del Dio cattolico e apostolico romano nonché il raffreddore, la verruca, lo scorbuto, la gastroenterite, la blenorragia e l'alcolismo che sterminarono (vero e proprio genocidio indotto) gli indigeni locali - estinti, comunque, si garantisce, in grazia di Dio - sostiene nella sua relazione all'Ordine di Sales di non avere mai saputo né potuto decrittare un fonema pronunziato in fin di vita dai fungini morenti.
Scrive il piissimmo Tangheri: "Apprestandomi a imporre, per la grazia a venire, l'estremo sacramento con l'unzione sacrale e pronunziando io la formula di rito acconcia e canonicamente prevista:"a te Dio", il fuegino mai mi rispose come rito comanda e come la mia missione gli insegnava "per me Dio, con te Dio", bensì con un fonema indigeno inscrivibile se non come descrizione di suoni graficamente così riproducibili: hhha (molto pronunciata la acca iniziale); 'mmme (n) (con una presunzione d'enne finale - che sia amen?, se lo fosse quale conforto per la Nostra Fede, quale vittoria per il nostro Dio!...ma, dubito - rrrika e la forza di quella erre ha la possanza della consorella consonante gaelica (dubbio: che qualche avventuriero gaelico sia giunto a queste lande prima della nostra missione bolognese?)".
Padre Tangheri - al quale si rifanno tutti gli studios fautori della mozione 2 - morì nudo e pazzo nella sua cella dell'eremo di Secchiano Parecchia.
"Mai morte mi parve più tremenda e infausta" scriveva Padre Elvezio turci, confessore personale di Padre Girolamo Tangheri.
"Il corpo esangue e scarnificato, tutte punto di costole e ombra d'esse, la testa tonsa e maculata, l'occhio spiritato, le guance incavate da digiuni anoressici, io vedevo nel confratello mio più il segno del Malefico che il tocco della Grazia e lui, l'infelice Padre Girolamo, si dibatteva in convulsioni squassanti come cercasse venia a un fuoco dentro più corrosivo dell'acido solforoso, più caustico della soda e scagliava il corpo suo contro le pareti della cella con guizzi serpentini, e si rotolava per le terre e, a quando, lì nudo sulla nuda pietra, si giaceva raggomitolato come bimbo spaurito, gli occhi lustri di lucori, Dio mi perdoni, maligni, le labbra riarse e ghignanti e bolle bavose agli angoli delle medesime e lì scoppiettanti; e da quella infelice positura io, con quest'occhi miei, l'ho visto levarsi tutto, repentino, come levitato da forza immane e schiantarsi sul soffitto e ripiombare a terra e io a gridargli aspergendolo con l'olio della Sacra Unzione a te Dio! e lui a urlare sibilando tra radi denti marcescenti hammerica! hammerica! e nel suo urlo morire, ahimè e ahilui senza Grazia alcuna."
Sempre a favore della mozione 2, è doveroso riportare la testimonianza di Francisco Pizarro, avallata dal fratello Hernando e da Diego de Al magro suoi compagni di ventura nella conquista del Perù e nella distruzione dell'impero Inca.
Si dice, in una nota del suo Recuerdo de gloria "los indios ginca (Incas) me parese que se preguntavan a tomar su propria muerte gritando loscamente y con muchissima alegria y regocijo y gozo y buen humor y jubilo ammerriha! ammerriha! comendo una yerba que yo no sé que es".
Francisco Pizarro ammazzò poi l'Almagro e fu a sua volta assassinato da partigiani almagresi.
"Francisco" scriverà il fratello Hernando "morì tra le mie braccia. Io, memore del dettato cristiano che lecita dare l'estremo sacramento al morente da parte di chiunque, feci su Francisco il pio segno della Croce della cristianità recitando con immenso dolore "a te Dio"; mio fratello mi guardò con grandissimo struggimento, sussurrò a me rica e spirò".
Come non vedere in tanta documentazione la verità filologica.
America dunque, come sostengono i propositori della mozione2 non per Amerigo Vespucci, bensì per quel fonema che partendo dalla Terra del Fuoco risale tutto il continente fino al Messico unificandolo nell'invocazione hha'mmme (lezione fungina), ammerrika (lezione incarica); hammerrica (traslato felsineo-ispano che, adottato in Patagonia, muta in 'merica in Argentina, Uruguay, Paraguay, Gufane, Venezuela, Bolivia, Colombia); 'a meringa (pronuncia: la meringa) è la lezione brasiliana-portoghese e america tout court quella italo-spagnola-messicana.
Resta da sapere il significato del fonema (credo trattasi di sintagma essenziale, collazione quindi di due sintagmi: soggetto e predicato).
Ci può aiutare la verità della storia che vuole Cristoforo Colombo morente nel carcere di Valladolid non per stenti come si è scritto, ma per uso e abuso tollerato di un'erba (yerba: ricordate la yerba degli Inca della quale è scritto nelle memorie pizarriane). Ci dicono testimonianze attendibili del tempo (amici dell'infelice Colombo detto Colòn) che, esaurita la scorta d'erba, Colombo fu prima soggetto a sconvolgenti crisi in cui "l'infelicissimo eroe smarriva ogni onore suo" (da Colon, que pasa? di Porfirio Villarosa delegado de la seguridad del Carcel di Valladolid) e che, in breve tempo pervenne a uno stato catatonico per morire infine "sempre quietando y todavia anelando a me rica!...a me rica! y despues morendo de ambre (fame) de sed (sete) y de rica (rica)" op.cit.
Ne consegue, infine, che s'ha da ritenere massimamente corretta la proposta che chiameremo mozione 3 avanzata dai più illuminati fautori tra i promotori della mozione 2 (e noi tra loro). La mozione 3 propone, nel Cinquecentesimo della meravigliosa impresa di Colombo, di cambiare il nome di quel continente per ridare a Colòn (Colombo in spagnolo) quel ch'è di Colòn e non di Amerigo.
Nome proposto Cocolòn: laddove il suffisso colòn sta ovviamente per Colombo e il prefisso co, prendendo in prestito la prima sillaba del suffisso colòn, diventa quindi coco- traslato eufonico ed euforico di coca- il nome col quale viene oggi universalmente chiamata un'erba (yerba) che nelle diverse lezioni autoctone amerinde si chiamava rrrica (fungina), riha (andina), rinha (Mato Grosso e terre amazzoniche in genere) e rica tra gli indigeni dell'America (meglio del Cocolòn) centrale, aztechi e maya inclusi.
Cristoforo Colombo morì quindi cocainomane. Può questo inficiare la grandezza dell'Uomo e della Sua Opera? Noi non lo crediamo.
Crediamo anzi che dalla miseria della verità gliene possa venire, se possibile, più grande . Perché più umano - gloria.
Si faccia, dunque, il Cocolòn

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Mandarino per nascita e per elezione, a orologeria per necessità. politicamente scorretta, vivo libera da ogni convenzione e religione, tutti i giorni reinvento il mio mondo e ridò la carica al mio trenino a molla