"Cos'è che in noi mente, uccide, ruba?" Georg Büchner, Woyzeck

martedì 27 aprile 2010

la leggenda della Diana e dei fuggisoli




Tu li vedrai tra quella gente vana
che spera in Talamone, e perderagli
più di speranza ch'a trovar la Diana;
ma più vi perderanno li ammiragli.

Dante, Purgatorio [XIII: 151-154]


Siena, come si sa, non è bagnata da alcun fiume. La penuria d'acqua ha costretto i suoi abitanti a scavare nella roccia, fin dai tempi antichi, un'estesa rete di acquedotti sotterranei, i «bottini», per portare acqua alle case. Ma in alcune parti della città si udiva spesso, quando c'era silenzio, il rumore dello scorrere dell'acqua, tipico di un fiume, di un grande fiume. Un fiume sotterraneo, la Diana, più volte cercato e mai trovato.
Si udiva questa voce continua, che illudeva i senesi di poter avere l'acqua per le case e per le botteghe, senza troppa fatica. Si scavarono pozzi su pozzi e si consultarono astrologi, per trovare l'ubicazione di questo fiume. Fu il governo stesso di Siena a sobbarcarsi gli oneri di tale ricerca. Per circa due secoli, si cercò la Diana, ma invano. Nessuno l'ha mai trovata.
La fama di questa ricerca senza risultato giunse fino a Dante, che la riportò nel Purgatorio.
E la Diana - ammesso che esista - rimase un mistero, un segreto custodito dalla terra, un'affascinante una leggenda.

Adesso l'acqua arriva a Siena senza problemi, un moderno acquedotto ha soppiantato da pochi decenni l'antico acquedotto sotterraneo, che, però, è ancora funzionante e rifornisce tuttora le sue fonti. L'esigenza di trovare la Diana è dunque svanita, ma non il suo ricordo e il suo mito.


Le prime testimonianze di gallerie da usarsi per l'approvvigionamento idrico sono del 394 d.C.. Tuttavia, i grandi lavori di ricerca di falde acquifere relativamente lontane e di canalizzazione di esse verso la città attraverso cunicoli sotterranei perlopiù scavati nella roccia, si effettuano in Siena fra il XIII e il XV secolo (l'attuale estensione risale sostanzialmente al 1466). Non senza progetti ambiziosi: per esempio nel 1267-1268 si parlò di deviare il corso del Merse, il corso d'acqua più vicino alla città, verso Siena. Non se ne fece di nulla, probabilmente anche per difficoltà tecniche, ma ciò basta a far capire quanto il problema fosse sentito.

In questo filone si inserisce, appunto, la storia della Diana, il mitico fiume che scorrerebbe sotto la città e che nessuno ha mai potuto vedere, nonostante le assidue ricerche.








In due punti del centro abitato, nella zona di Porta Ovile, ma soprattutto nella zona di Pian dei Mantellini (attigua a questa larga strada c'è una via chiamata, non a caso, Via della Diana) in molti hanno sentito il caratteristico suono dello scorrere dell'acqua, ma ovviamente non esiste un qualcosa, almeno un qualcosa di visibile, che lo giustifichi. Il fiume, stando alle informazioni, passerebbe proprio in mezzo alla città, in direzione sud-est. In altri luoghi, ipoteticamente percorsi dalla Diana (si veda la mappa), non si sentirebbe il rumore dell'acqua semplicemente perché sono zone collinari: il suono dovrebbe quindi attraversare più terra, disperdendosi. Questa una possibile spiegazione al fatto che il fenomeno è localizzato in due zone distanti e apparentemente non collegate fra loro.
Nel 1176 i frati del Convento del Carmine (zona di Pian dei Mantellini, la più battuta dalle ricerche del mitico fiume) scavarono un primo pozzo nel loro chiostro. La vena d'acqua trovata era abbondante e giustificò altri interventi in questo senso.
Nel 1295 il Consiglio Generale della Repubblica di Siena deliberò il proseguo dei lavori, anche in località abbastanza lontane dalla zona interessata. Fra il '200 e il '300, si registrarono spese continue per pagare gli astrologi, i quali cercavano di scoprire l'ubicazione esatta della vena d'acqua. Ma il fiume, il mitico fiume, che molti fino ai giorni nostri hanno udito, non si trova. Dante prende in giro i Senesi, che sperano di rendere Talamone un importante porto e di cercare appunto la Diana, spendendovi soldi inutilmente. Ma questo è un segno che il mito della Diana aveva varcato i confini della città. Che, insomma, molti credevano di poterlo trovare.

Venute meno le ricerche ufficiali, la voce della Diana, ha forse richiamato altri uomini, nei secoli successivi, che si sono avventurati fra le gallerie alla sua ricerca, senza più tornare. O forse è soltanto la fantasia di scrittori che vi hanno ricamato sopra storie probabilmente prive di fondamento. Non ci è dato di saperlo, per l'esigua documentazione esistente a riguardo.
Ma Via della Diana è lì e il suo nome la dice lunga. Di recente, è stato trovato lì vicino il pozzo che ha probabilmente dato inizio alla storia. I nonni senesi raccontano ancora oggi di aver udito lo scroscio dell'acqua in certe zone della città, durante la notte, quando tutto, a quei tempi, scivolava nel silenzio e nel buio. E le pareti delle cantine della zona tra Pian dei Mantellini e Porta San Marco pare trasudino un'insolita, abbondante umidità. Quella della Diana è, dunque, una leggenda che si intreccia con la storia e con la realtà, permettendo ancora di fantasticare e di credere nell'esistenza del mitico fiume, o forse di sperarvi.
Narrano i documenti dell'epoca in cui i Bottini venivano costruiti, che molti operai che scavavano le gallerie, uscissero dai cunicoli spaventati per aver visto alcune creature che si annidavano nelle profondità della terra.

Gli operai che prestavano questo tipo di servizio venivano detti «guerchi». Non sappiamo se questo nome derivasse dal fatto che, lavorando per molte ore nella semi-oscurità, ci vedessero poco (quindi guerco, starebbe per «guercio»), oppure se si impiegasse manovalanza tedesca (il termine, in questo caso, deriverebbe dal tedesco Werk «lavoro»). L'unica cosa certa è che parte del compenso dato loro consisteva in vino, il che può spiegare le loro visioni.
I guerchi, infatti, dicevano di vedere vedevano sostanzialmente due specie di creature, gli omiccioli e i fuggisoli. Gli omiccioli erano degli ometti, simili a folletti, che non facevano dispetti, però. Ballavano e facevano tanto ridere, invece. Diverso è il discorso dei fuggisoli, i quali erano descritti come lampi di luce improvvisi e repentini (la parola indicherebbe proprio questo: una luce simile a un sole che compare per poi spegnersi subito dopo, cioè che fugge).
Forse i fumi del vino davano queste visioni. Può anche darsi che i fuggisoli fossero stati delle esalazioni di gas racchiuso nella terra, che, liberato, produceva un lampo di luce fosforescente, simile ai fuochi fatui. Il sottosuolo da sempre incute nell'uomo un senso di mistero e di paura, e il vino serviva ad addormentare la mente, esorcizzando così la paura che si provava a scendere e a scavare nella roccia.

Sono leggende, ma a cui molti hanno creduto. Infatti, nei bottini si trovano molte statuette della Madonna in terracotta, murate nelle pareti, e molte croci, a volte solo incise con il piccone sulla roccia friabile. ma ci si può chiedere: da chi o da che cosa voleva esser protetto chi disseminò le gallerie di statuette della Madonna e di croci?


(da http://www.bifrost.it/ITALIA/Leggende/Siena.html)

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Mandarino per nascita e per elezione, a orologeria per necessità. politicamente scorretta, vivo libera da ogni convenzione e religione, tutti i giorni reinvento il mio mondo e ridò la carica al mio trenino a molla